L’adozione, con numeri e dati che vedremo, ne confermano la rilevanza in Italia, implica fattori di rischio e debolezza che vanno presi in considerazione non solo dalla famiglia adottante, ma dalla comunità che la circonda e dalla scuola dove il minore fa il suo ingresso. Prima di vedere come le scuole affrontano i problemi legati ai bambini e alle bambine adottati, vediamo alcuni dati.
I minori adottati nelle scuole italiane rappresentano un fenomeno numericamente rilevante e si tratta soprattutto di bambini che provengono dall’adozione internazionale. Uno sguardo ci conferma che nel 2019 le adozioni sono state 969, i minori adottati 1.205, secondo la Commissione Adozione Internazionale – CAI. Nel 2019 l’86% delle coppie adottanti non aveva figli e il 78% delle coppie ha richiesto l’ingresso di un solo minorenne, mentre il 22% – in crescita – ne ha accolti due o più. Per quanto riguarda le adozioni internazionali, è al primo posto la Colombia, seguita dalla Federazione Russa, l’Ungheria, l’India, la Bulgaria e la Bielorussia. In Italia, solo cinque territori nel 2019 hanno adottato più di 100 minori stranieri in un anno, con la Campania che supera la Lombardia (153 a 151), seguite da Puglia (116), Veneto (110) e Toscana (104). L’Italia, sempre secondo i dati CAI, a parità di popolazione con Francia e Regno Unito realizza in un anno rispettivamente due e quindici volte le adozioni internazionali decretate in quei Paesi.
Chi sono i genitori adottivi? L’età media dei mariti, alla data di autorizzazione all’ingresso del minorenne, supera i 47 anni (47,2) e quella delle mogli si attesta sopra i 45 anni (45,5), in maggioranza laureati. La classe di età dei minori più rappresentata è quella compresa tra i 5 e 9 anni, con una leggera prevalenza dei maschi (il 53%) sulle femmine, per cui l’età media dei bambini adottati in Italia è di 6,6 anni. Un minore su due è stato adottato a seguito della revoca della responsabilità genitoriale dei genitori biologici, il 36,6% sono i minorenni per i quali è indicato un più generico “abbandono”, e il 6,3% sono coloro per cui c’è stata una rinuncia alla genitorialità da parte dei genitori biologici e infine il 2,3% sono stati adottati in quanto orfani. È in aumento il numero di adottati con bisogni educativi speciali, per cui nel 2019 a fronte di 1.205 minorenni autorizzati all’ingresso in Italia il 64,2% del totale è stato portatore di un bisogno specifico. È in aumento dal 2020, e l’allarme è partito da Bergamo, una delle città più colpite dalla pandemia, il numero di neonati non riconosciuti alla nascita. I minori tolti dai genitori non in grado di occuparsene e dichiarati adottabili sono la maggioranza (1046 nel 2019).
Sono sempre più numerose le scuole italiane che si sono dotate o si stanno dotando di un Protocollo specifico per i minori adottati; segnaliamo tra gli ultimi quello promosso dal Centro per le adozioni internazionali del Comune di Gaeta, unitamente agli istituti scolastici del territorio, che lo hanno sottoscritto martedì 9 novembre 2021. Il Protocollo raccoglie criteri, principi, indicazioni pertinenti l’iscrizione e l’inserimento degli alunni adottati, o in via di adozione, circoscrivendo compiti e ruoli degli operatori scolastici; traccia le varie fasi dell’accoglienza e presenta consigli per facilitare l’inclusione e l’integrazione per gli alunni originari da adozione sia internazionale che nazionale. Ad esso si accompagnano le “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati”, emesse con Nota prot. 7443 del 14/12/2014, del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la partecipazione, del Ministero dell’Istruzione, che danno minuziosi elementi valutativi per l’inclusione dei minori adottati.
Tra i fattori di rischio e le aree di intervento, di cui le scuole si occupano attraverso i protocolli, ci sono i disturbi di apprendimento, che sono maggiori tra gli adottati rispetto alla media, lo svantaggio psicoemotivo, legato spesso a incuria e deprivazione, che si manifesta con deficit nella concentrazione, nell’attenzione, nella memorizzazione, nella produzione verbale e scritta, in alcune funzioni logiche. Inoltre, l’apprendimento linguistico, quando verte sulle abilità di livello avanzato, si traduce spesso in problemi di comunicazione e comprensione. Non va infine dimenticata la questione dell’identità etnica, per cui molti bambini adottati, sia in Italia sia all’estero, sono nati da persone di diversa etnia e, in molti casi, hanno tratti somatici tipici e riconoscibili, per cui va considerata la necessità o di integrare l’originaria appartenenza etnico-culturale con quella della famiglia adottiva e del nuovo contesto di vita.
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