I lettori ci scrivono

Agenda 2030 e scuola del presente con aule fatiscenti e muri scalcinati

Un’ora di ‘buco’, finalmente. Stanco e infastidito dalla poca attenzione degli alunni. Mi siedo vicino al tavolo della sala insegnanti. Il capo chino, una breve sosta. Quasi mi si chiudono gli occhi, quando la mia attenzione è rapita da un opuscolo proveniente dall’Alto, l’intestazione non lascia dubbi, teso ad illustrare la scuola tecnologica e perfetta che verrà.

Lo prendo, lo guardo con poco interesse, poi, rapidamente il mio convincimento cresce.

Proprio così. Come si può restare inerti di fronte a tali promesse meraviglie’

Lavagne parlanti collegabili per tutto l’“orbe terraque”, ologrammi ‘viventi’ di autori del passato pronti a spiegare e a spiegarsi agli alunni, testi dalla ‘viva voce’, formule matematiche personificate e, come umani, desiderose di farsi capire, ’lingue straniere’ dalle forme antropomorfe che agevoleranno l’apprendimento delle estasiate menti dei discenti, tablet spaziali per ogni allievo, banchi mobili (come piccole navicelle) e completamente informatizzate. Che dire poi della cattedre? Veri centri di comando.

Le lezioni saranno possibili in ‘ogni dove’, in presenza in remoto, in semi-assenza, in classe, in casa, al bar o in ogni altro luogo (proprio o improprio).

Le lezioni saranno tenute da androidi perfettamente programmati (e gli insegnanti che ruolo avranno?) e le verifiche si svolgeranno soltanto su schermi ad alta definizione. Tutto questo in strutture nuove e avveniristiche.

Alla fine della presentazione (forse troppo pubblicitaria), si parla anche di droni, destinati alla sorveglianza e di particolari App (frutto di brillanti studi neuro-cerebrali capaci di controllare, scansionare e ‘manipolare’ il cervello di ogni allievo (e del docente) individuarne i punti deboli e ‘ripararli’ in tempi brevi.

Insomma diventeremo tutti dei geni (pubblicità di illusioni?)

Fantastico. E’ proprio così che si devono mettere ‘a terra’ i soldi del PRN (è questo l’acronimo?).

Certo i tempi non saranno brevi, ma gli Alti Palazzi ce la faranno. Ne sono sicuro.

Rimetto l’opuscolo propagandistico sul tavolo pieno di scartoffie disposte in modo disordinato.

Dopo una lettura così entusiasmante, mi sento meglio, lo ammetto.

Non fare a meno di pensare, però, ad alcune criticità attuali, anche basilari.

Non solo muri scalcinati, banchi rovinati, sedie azzoppate, aule improvvisate, servizi obsoleti, soffitti instabili (sempre una catinella nei giorni di pioggia robusta, oppure l’ombrello), riscaldamento discontinuo. E ancora computer di prima generazione Non solo questo, ma spesso mi trovo in terra desolata, privo di carta per stampare, forbici, protocolli, pinzatrici, graffette, fascette per i compiti e altro.

Spesso questo basico materiale di cancelleria bisogna comprarselo o chiederlo ad un collega (non sempre sorridente nel farti questo grande favore).

Ma, nonostante tutto, sono fiducioso. Del resto, dicono tutti, la scuola è l’asse portante della società e per lei si spenderanno, come mai hanno fatto, milioni di euro.

I tempi di realizzazione? Chissà. Speriamo non siano biblici. Vorrei anch’io lavorare, come umile rotellina, in questo inappagabile e creativo centro educativo del futuro. Sarei disposto a farlo anche a metà stipendio (quindi solo qualche euro e un bottone rotto sarebbe la mia paga mensile), pur di poter gridare a volte alta e orgogliosa: “C’ero anch’io!”.

Ho un leggero timore però. Quando tutto ciò avverrà sarò in pensione.

Il rischio esiste, non eccessivo però.

I palazzi ‘che contano’ cerca, in ogni modo di venire incontro ai nostra ‘desiderata’ e, certo, ci ‘costringeranno’ a lavorare fino a tarda età (avremo mai la pensione o usciremo dalla scuola con i corpi invecchiati, le menti bruciate e… in ‘orizzontale’?).

Vedremo anche noi ‘vecchi’ le meraviglie del progresso scolastico. Senza dubbio.

L’ora ‘buco’ sta per concludersi. Rinfrancato da una tale corroborante lettura, prima di immergermi nella bolgia della classe, sento la necessità di un energetico caffè.

No! No! Non ci posso credere! La macchina del caffè ancora rotta. E’ passato quasi un mese da quando abbiamo chiamato il tecnico. Una vergogna. Come non capire che l’elemento insostituibile della (tanto da identificarsi con essa) è la macchina del caffè? Il resto è secondario.

Una macchina curata nei minimi particolari che produca un caffè dal profumo rigenerativo e il gusto strabiliante, tale da far ‘risuscitare’ i morti’.

Tutto il resto è secondario.

Stizzito ritorno in sala insegnanti, prendo l’opuscolo propagandistico (ingannevole?) letto prima, prendo con decisione una penna (una matita) e incido in fondo al depliant: “Con una macchina del caffè paradisiaca, la scuola diventerà veramente perfetta”.

O no?

Andrea Ceriani

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