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Aggiornamento obbligatorio: pochi soldi e tanti interrogativi

L’ipotesi di promuovere iniziative di formazione/aggiornamento a carattere di obbligatorietà soprattutto nelle scuole dove i risultati delle prove Invalsi sono più scadenti è, forse, una invasione del campo contrattuale come sostengono i sindacati che però sembrano dimenticare che c’è un articolo della legge delega 15/2009 (quella da cui ha avuto origine il “decreto Brunetta”). Si tratta precisamente del primo articolo che ricorda che disposizioni di legge che intervengono nella disciplina del lavoro pubblico “possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge”. Ora, l’articolo 16 del decreto legge 104 stabilisce appunto che l’aggiornamento, almeno in talune condizioni e situazioni, è obbligatorio e quindi modifica di fatto una norma contrattuale. D’altra parte il dubbio che l’aggiornamento possa essere materia di contrattazione integrativa serpeggia già da tempo sia al Miur sia al Dipartimento della Funzione Pubblica. Nel 2011 e nel 2012, infatti, nel comparto scuola non è stato di fatto sottoscritto nessun contratto integrativo in materia di formazione e aggiornamento; quest’anno, il 24 luglio scorso, è stata sottoscritta una ipotesi di contratto che però è ancora ferma presso la Funzione Pubblica e non si sa ancora se verrà approvata. Ma, al di là della questione contrattuale, i punti deboli del decreto 104 sono altri. Intanto va detto che il decreto legge 104 stanzia 10milioni di euro ma solo per il 2014 e non per gli anni successivi. Solo per avere una idea, il CCNI del 2003 (era Moratti) prevedeva uno stanziamento complessivo di più di 32milioni di euro; nel 2000 (era Berlinguer) si sfioravano addirittura i 100milioni, ma quelli erano tempi di vacche grasse. Nel 2008 si scende a 10milioni di euro, ma all’epoca c’erano ancora i fondi della legge 440/97. Insomma 10milioni di euro sono davvero poca cosa ed è difficile capire come potranno essere usati per sostenere le scuole con modesti risultati nelle prove Invalsi che peraltro riguardano solamente italiano e matematica. Questo significa che i docenti delle altre discipline saranno esentati dall’obbligo ? E se in una scuola il risultato medio è basso ma con punte di eccellenza in alcune classi, l’obbligo riguarderà anche i docenti di queste classi ? E ancora: l’insegnante che si trasferisce da una scuola con buoni risultati ad una scuola con esiti bassi, avrà l’obbligo di frequentare ugualmente le attività di aggiornamento ? Le domande insomma sono tante e saremmo curiosi di sapere se gli estensori della norma se le sono poste e se hanno già trovato qualche risposta.

Reginaldo Palermo

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