Ne parla il Messaggero, secondo il quale nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il governo ha indicato la necessità di un nuovo sistema di aumento retributivo per i docenti, ma che guardi soprattutto a “un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato a una progressione di carriera svincolata dalla mera anzianità di servizio” per “assicurare una maggiore qualità alle istituzioni scolastiche”.
Un progetto che potrebbe andare avanti comunque, anche se il governo Letta dovesse decadere, considerato pure che gli stipendi dei dirigenti scolastici sono stati ancorati ai risultati ottenuti.
Per questo tutto fa protendere alla scelta, da parte del Miur, a una riforma radicale e complessiva del sistema retributivo, mentre ancora però è in discussione la nuova direttiva per il rinnovo contrattuale per gli oltre 700mila insegnanti di ruolo. In ogni caso, pare di capire, il fatto che il decreto sulla scuola preveda corsi di formazione obbligatori per i docenti, i cui alunni riportano nelle prove Invalsi risultati inferiori alla media nazionale, fa protendere a ritenere l’implementazione del riconoscimento del merito come metro per pagare di più i docenti.
Tuttavia, sottolinea il Messaggero, una riforma che sostituisca agli scatti d’anzianità il merito comporta almeno due grossi problemi:
quali saranno i criteri del merito, visto che nel Def non è indicato nulla;
che questa nuova formula possa trasformarsi in cavallo di Troia per tagliare risorse destinate alla busta-paga degli insegnanti.
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