Quelli previsti per i dirigenti nella prossima Legge di Bilancio appaiono ai più dei sostanziosi aumenti, tanto da provocare più di un malumore per la discrepanza di trattamento rispetto a docenti e Ata: ai presidi, però, quei soldi (si parla di 400 euro netti di aumento medio) non sembrano proprio bastare.
Se Anp rimane diffidente e dice di restare alla finestra, perché il divario da colmare è ancora ampio, il 7 ottobre ad uscire allo scoperto sono stati anche altri sindacati.
Ricordando che i problemi che affliggono i presidi non sono solo quelli legati agli stipendi: uno di questi, ad esempio, è quello della sicurezza, come emerso anche a seguito della grazia concessa al preside dell’ex Convitto dell’Aquila venuto giù nell’aprile del 2009 a seguito del terremoto. Non da meno è il nodo delle reggenze, che oggi riguarda almeno 1.800 scuole, con i ds impegnati su più scuole che percepiscono cifre mensili davvero irrisorie (in media tra le 250 e le 300 euro).
“La situazione professionale di chi dirige scuole oggi in Italia è tra le più confuse e problematiche nell’ambito dei servizi pubblici e della dirigenza in particolare”, ha detto Disal facendo notare che “persino gli annunci sullo stipendio si sono rivelati alla realtà dei fatti ben diversi dai proclami”.
“Mai come in questi anni – continua il sindacato, alla vigilia del Consiglio nazionale di Altamura e Matera dal 9 all’11 novembre – la scuola è balzata agli onori della cronaca, ma di solito solo per danni, crimini o disgrazie, mettendo in sordina l’urgenza di risposte al rinnovamento culturale e alle emergenze educative, senza saper valorizzare il grande bene e l’impegno profuso da molti nell’aprire ogni giorno le porte delle scuole per la formazione dei ragazzi”.
Secondo il presidente nazionale Disal, Ezio Delfino, “c’è il rischio che il grande bene dell’istruzione consegnatoci dalla tradizione nazionale, già poco apprezzato oggi nella nostra vita sociale, sia sempre meno considerato per il nostro futuro”.
In questi giorni è uscita allo scoperto anche Udir: prima rivendicando una norma che riduca le responsabilità dei presidi sulla questione edilizia; poi, tornando ancora sui loro stipendi, avviando ricorsi – al Tar del Lazio e al giudice del lavoro – contro il taglio del Fondo unico nazionale.
“Il comma 1 dell’art. 9 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 – scrive l’Udir – è andato oltre il suo obiettivo, imponendo ai lavoratori della Pubblica Amministrazione un illegittimo meccanismo di blocco coattivo delle retribuzioni per gli anni 2011, 2012, 2013, compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi contratti di categoria. Il MIUR e il MEF hanno di conseguenza tagliato il FUN, il Fondo unico nazionale, in modo del tutto illegittimo e con quasi tre anni di ritardo, con una modalità ben più pesante di quanto stabilisse la legge. In media, ogni Dirigente Scolastico italiano negli ultimi cinque anni a causa dei tagli illegittimi ha perso 20.456,50 euro”.
“Ancora più grave è il danno permanente, il danno cioè che rimarrà per sempre, perché avrà effetto non solo sugli stipendi futuri, ma anche sulla pensione e il TFR: sono 3.474,47 euro l’anno, pari a 267,27 al mese. Ma c’è un ulteriore danno da considerare, oltre a quello appena menzionato: il FUN negli ultimi anni è stato infatti decurtato in proporzione alla diminuzione del numero dei dirigenti scolastici in servizio”.
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