Allo stadio Meazza, gremito di giovani per l’incontro con i cresimandi, Papa Francesco ieri, 25 marzo, nel corso della sua visita a Milano, ha lanciato un forte monito contro il bullismo. La visita era iniziata dal quartiere periferico Case bianche, a testimonianza della vicinanza di Francesco agli ‘ultimi’. Poi nel carcere di San Vittore e la messa nel parco di Monza davanti a un milione di fedeli
Papa Bergoglio ha risposto alle domande di alcuni ragazzi, dei genitori e dei catechisti. E ha coinvolto l’intero stadio con le sue risposte. E’ tornato a consigliare ai giovani di parlare con i loro nonni. Ai genitori invece ha ricordato: “I bambini ci guardano. Voi non immaginate l’angoscia che sente un bambino quando i genitori litigano. Soffrono. E quando si separano il conto lo pagano loro, i bambini”.
Sempre ai genitori, il Papa ha chiesto: “Giocate con i vostri figli? E’ brutto vederli solo nei giorni di festa. E’ questa vita che ci toglie l’umanità. Giocate con i vostri figli”.
E anche il monito contro il bullismo «Per il sacramento della santa cresima fate la promessa al Signore che mai praticherete il bullismo e che mai permetterete che si faccia nella vostra scuola o quartiere? Lo promettete? Mai prendere in giro, farsi beffa di un compagno di scuola, di quartiere. Promettete questo oggi?». E ha fatto ripetere per due volte, sempre più forte, il “sì” dei ragazzi. Poi, al momento del congedo, ha invitato lo stadio intero che lo acclamava: “Pregate per me”.
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“Oggi si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia, sui migranti”. E ha poi incalzato: “non possiamo rimanere spettatori davanti a situazioni dolorose”.
Il pensiero va ai migranti, alle loro odissee che affrontano ogni giorno in cerca di un futuro migliore.
“Mi sento a casa, siete fratelli”. Queste le parole del Papa rivolte ai detenuti di San Vittore dove è arrivato a bordo della sua auto. Subito dopo ha visto alcuni detenuti del primo raggio e del sesto, dove si è soffermato al reparto dei reclusi ‘protetti’. Il pranzo al terzo raggio. Il menù – preparato dalle detenute della cooperativa ‘Libera cucina’ interna al carcere – è stato a base di risotto e cotoletta, due piatti tipici della tradizione culinaria lombarda. I detenuti hanno voluto affidare una lunga lettera al Pontefice: i nostri errori diventino pentimento.
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