I lettori ci scrivono

“Ai miei figli”. L’accorata lettera della docente precaria

Ai miei figli.
Vi chiedo scusa, dal più profondo del cuore, per non essere stata la madre che avrei voluto e, soprattutto, che avreste meritato. Ho un’attenuante, spero, quella di avervi sempre avuto al centro del mio cuore.
A distanza di oltre due anni dall’entrata in vigore della L.107/15, però, sono tristemente consapevole del clamoroso autogoal fatto non avendo prodotto domanda di immissione in ruolo.
I termini della proposta erano chiari: l’assunzione presupponeva il trasferimento in una delle cento province scelte, per almeno tre anni e senza certezza di rientro.
La storia della Scuola italiana, d’altro canto, è stata scritta da generazioni di docenti trasferiti a Nord.
Avrei dovuto lasciare te, luce dei miei occhi, affrontare da sola gli ultimi anni di Liceo con tutte le insicurezze e le fragilità dei tuoi 16 anni.
Avrei dovuto portare via con me il cucciolo di casa, il piccolo grande uomo che avrebbe lasciato, a 8 anni, il suo papà, la sua amata maestra Alessandra e i suoi compagni.
Avrei diviso a metà una famiglia e non ne ho avuto il coraggio!
Da quando ci siete voi non sono capace di pensare solo alla carriera perché ho sempre anteposto il vostro benessere alle mie esigenze.
Ho scelto e sperato, pertanto, di entrare di ruolo nei tre anni successivi. È stato un errore imperdonabile fidarsi di una legge dello stato! Ed ora che, per tre lunghi inverni, pochissimi dei docenti assunti sono partiti per la sede di destinazione al Nord, il mio senso di colpa nei vostri confronti aumenta a dismisura.
Siete cresciuti in una famiglia unita che oggi deve fare i conti con le difficoltà economiche derivanti dall’incertezza degli incarichi a tempo determinato e degli stipendi non sempre puntuali. E soprattutto, pur essendo quarta in graduatoria, non ho certezze di rapida stabilizzazione.
Sono una docente con la 24h, sempre pronta a cambiare sede di servizio. Vi ho sempre insegnato, con orgoglio, il rispetto delle regole, ma oggi, nei momenti di rabbia, stramaledico la mia onestà. Avrei dovuto comportarmi come coloro che, accettata la proposta di lavoro, hanno pianto deportazione e cercato appoggi politici e sindacali grazie ai quali hanno ottenuto l’inimmaginabile.
….nonostante tutto, però, voglio che voi siate come me fieramente onesti!

Claudia Blasco

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