Quella dell’insegnante e del dirigente scolastico è una professione non comparabile: sono troppo diverse per essere paragonabili, anche a livello stipendiale. L’accostamento è stato però fatto dalla rete Eurydice, che è andata a verificare compensi mensili e indennità di insegnanti e capi di istituto di 38 sistemi educativi europei. E quello che ne è uscito fuori è un quadro che in Italia farà sicuramente discutere. Perchè, dice Eurydice, “in alcuni sistemi educativi lo stipendio minimo di base dei capi di istituto è inferiore allo stipendio degli insegnanti con 15 anni di esperienza”. Ed in questa casistica rientra in pieno proprio l’Italia.
“La differenza è più marcata in Francia (per il livello secondario), Italia, Romania, Finlandia e Islanda (livello secondario superiore) e Svezia. In Italia, lo stipendio minimo di base per i capi di istituto è, infatti, il doppio dello stipendio di un insegnante con 15 anni di servizio”.
E negli ultimi anni, la “forbice” è evidentemente aumentata, visto che, ha scritto Eurydice, “in Italia, esattamente come in Francia, il potere di acquisto degli insegnanti è rimasto più o meno lo stesso” nell’ultimo lustro.
Sempre tra gli insegnanti, “gli aumenti più consistenti negli ultimi cinque anni si riscontrano, invece, in diversi paesi dell’Europa centrale e orientale (Bulgaria, Cechia, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Romania), nonché in Islanda e in Serbia.
Ma c’è anche un altro motivo per il quale il gap lievita: in Italia “gli insegnanti hanno bisogno di una significativa anzianità di servizio per raggiungere aumenti di stipendio piuttosto modesti. Nel nostro paese, infatti, gli stipendi iniziali degli insegnanti possono aumentare di circa il 50% solo dopo 35 anni di servizio.
La stessa progressione di aumento riguarda i presidi. Solo che loro partendo da una base maggiore raggiungono poi un budget finale molto più consistente.
Inoltre va detto, si legge ancora nel rapporto, che “i capi di istituto sono spesso pagati su una scala retributiva diversa rispetto a quella degli insegnanti e i loro stipendi spesso aumentano in base alle dimensioni della scuola”.
Ma di quali stipendi stiamo parlando? Se il docente italiano percepisce un compenso annuo non molto superiore ai 25mila euro lordi dopo 15 anni di carriera, il dirigente scolastico si attesta, appena assunto, a una cifra non molto distante da 50mila euro sempre lordi, seppure considerando il riflesso di tassazione maggiore dovuto alla soglia più alta e quindi un “netto” non certo doppio rispetto ai prof.
Ma il gap diventa ancora maggiore nel corso del tempo: se in Italia per gli insegnanti, dopo 35 anni di servizio riconosciuto nella ricostruzione di carriera, ci attestiamo attorno ai 36mila euro annui, il dirigente scolastico raggiunge gli 85mila, ha confermato il rapporto Ocse, pubblicato il 6 settembre scorso, Education at a glance 2021.
“Simili proporzioni le riscontriamo nel Regno Unito, dove a fronte dei 44mila euro della remunerazione dei docenti, i dirigenti superano i 103mila”, si leggeva nello stesso rapporto Ocse.
Una tendenza dovuta principalmente alla mancanza di una progressione di carriera dei docenti, i quali in Italia, pur avendo una laurea, “mantengono uno stipendio inferiore agli altri laureati che nel corso della carriera riescono a raggiungere posizioni stipendiali migliori nel tempo”.
Certamente, “le somme dovute ai capi di istituto (che uniscono gli stipendi di base alle indennità del capo di istituto) possono variare in base a criteri relativi alla scuola cui fa capo il dirigente scolastico: ad esempio la dimensione della scuola, il numero di studenti iscritti, il numero di insegnanti”.
Rimane un dato di fatto, però, che i presidi “possono essere retribuiti in base a una fascia di stipendio specifica e possono ricevere o meno un’indennità per capi di istituto che va ad aggiungersi ai loro stipendi di base”. Una possibilità che invece non hanno i maestri e i docenti di scuola secondaria. E la “forbice” si allarga…
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