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Aiuti ai Paesi con scarsa istruzione: l’Italia bocciata

Se il nostro paese non brilla di certo per l’educazione dei suoi studenti, la cui preparazione media negli ultimi anni è scivolata sempre più in basso, non può certo riscattarsi per il sostegno che offre per assicurare un minimo di istruzione ai paesi in difficoltà. Nel rapporto ‘Global School Report: No excuses!’ del 2008, in cui viene valutato l’impegno dei singoli paesi per assicurare il diritto di tutti all’istruzione, all’Italia sono state infatti assegnate due insufficienze gravi: la prima è per l’insufficiente finanziamento dell’istruzione primaria e per l’impegno a favore della Fast Track Initiative, la partnership internazionale lanciata nel 2002 per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio riguardanti l’educazione. La seconda insufficienza è invece dovuta allo scarso impegno dei nostri ‘decisori’ politici per raggiungere il livello di Aiuto pubblico allo sviluppo stabilito a livello internazionale e nel fornire aiuti di elevata qualità per l’istruzione. L’Italia ottiene la sufficienza solo per l’aiuto ai paesi poveri dove le donne hanno maggiori difficoltà per accedere all’educazione e risulta al 19° posto nella classifica dei donatori, con un punteggio totale di 26 su 100.
Di questi argomenti si è parlato durante la tavola rotonda ‘Educazione globale: i compiti per l’Italia nel 2009’, organizzata l’11 dicembre in occasione del lancio della Campagna Globale per l’Educazione, presente in più di 48 paesi, a cui aderiscono diverse associazioni, sindacati e organizzazioni della società civile impegnate affinché l’educazione diventi un diritto universale. In Italia la Cge, nata nel 1999, riunisce la Flc-Cgil, ActionAid, Mani Tese, Save the Children, Ucodep e Oxfam International.
Le organizzazioni ricordano che frequentare un solo anno di scuola primaria, significa poter percepire un salario maggiore da adulti, con un incremento che va dal 5 al 15%. Durante il dibattito è emerso quanto la situazione sia drammatica: ad oggi nel mondo ancora ben 75 milioni di bambini non vanno a scuola, mentre 774 milioni di adulti non hanno potuto frequentarla. E’ stato stimato che per fare fronte a questa situazione, sovvertendo la realtà di analfabetismo generalizzato che continua ad imperare in alcune zone del mondo, occorrerebbero 18 milioni di nuovi insegnanti entro il 2015. Un traguardo realizzabile solo se i paesi industrializzati si decidessero a dare un reale contributo.
Questi i numeri amari i oggi: dei bambini esclusi dalla scuola, un terzo sono disabili; il 60% sono di sesso femminile; quasi 250 milioni sono costretti a lavorare per aiutare le loro famiglie; metà parlano in famiglia una lingua diversa da quella insegnata in classe. Nei paesi che hanno conosciuto una crescita economica continua e rapida, almeno il 40% della popolazione era alfabetizzata. Al di sotto di questa soglia, lo sviluppo economico diventa invece irrealizzabile.
Dalla tavola rotonda è poi emerso che l’educazione e l’istruzione sono essenziali per migliorare le condizioni di salute, fermare il diffondersi del virus dell’Aids e permettere alla famiglie di rispondere meglio alle malattie. Si stima che se ogni bambino potesse frequentare una scuola, si potrebbero evitare 7 milioni di nuovi casi di Aids nel prossimo decennio. Un bambino nato da una mamma alfabetizzata ha inoltre il 50% in più di probabilità di superare i cinque anni di vita. Ma l’educazione non è solo sviluppo economico. E’ un diritto umano che dovrebbe essere assicurato a tutti senza eccezioni.
Alessandro Giuliani

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