Nell’articolo 8 del DdL Scuola all’esame della Camera si parla di ambiti territoriali e della possibilità che si riducano le segreterie amministrative a reti di scuole.
Questo significa che verrà meno al dirigente scolastico il sostegno della propria segreteria. Certo ci sarà la segreteria della rete di scuole, ma non è la stessa cosa.
Già, per risparmiare, hanno trasformato i CTP, cioè i centri territoriali per l’educazione permanente degli adulti, che erano collegati alle singole scuole in CPIA, cioè in centri provinciali che avranno un loro dirigente e un loro direttore amministrativo. Ma data l’esiguità dei corsisti adulti e dei docenti sui corsi serali, ci può stare questo provvedimento; altra cosa è avere dagli 800 ai 1.000 alunni con un centinaio di docenti.
Vorrei far riflettere a chi non è nel mondo della scuola, tra cui la maggioranza dei parlamentari che stanno approvando la riforma della scuola, questo che cosa significa. Un Dsga con 10 scuole, e in una città come Napoli è il minimo (si parla di ambiti territoriali inferiori alle province e alle città metropolitane) dovrebbe gestire 8.000 alunni e 1.000 docenti circa, a meno che non si lascino gli assistenti amministrativi presso ciascuna scuola e alla rete di scuole solo il Dsga e un suo aiutante.
Ma questo farebbe venire meno il ruolo attuale del Dsga e accrescerebbe di compiti ulteriori il ruolo del dirigente scolastico. Il Dsga ha attualmente il compito, oltre a quello di redigere il bilancio della scuola, di coordinare le attività degli assistenti amministrativi e dei collaboratori scolastici. Non essendo più in sede, questo ruolo dovrebbe averlo per forza di cose il vituperato Preside, che – credetemi – farebbe volentieri a meno di tanti poteri, che vogliono dire responsabilità in più. Già adesso che il DS gestisce più scuole, deve supplire al Dsga che spesso rimane nella sede centrale e non conosce le altre sedi dell’istituto.
E poi le reti di scuola avranno una scuola capofila? Voglio segnalare che i presidi sentendosi “reucci” o “reginette” nella propria scuola, tendono ad essere autoritari anche nei confronti dei loro colleghi e ad imporre le loro decisioni, questo sia per l’eventuale scelta dei docenti dagli ambiti territoriali sia su altre scelte economiche e organizzative.
Se si sceglie di non avere una scuola capofila, c’è il rischio di aumentare la litigiosità tra i presidi e l’Ufficio Scolastico dovrà fare da paciere. Insomma, anche in questa scelta di organizzarsi per reti di scuole, la filosofia di fondo della riforma è quella aziendale: le reti dovrebbero far risparmiare sui costi. Poiché qui si tratta non di mere spese economiche e di acquisti di merci da ripartire, ma di gestire risorse umane (alunni, docenti, personale Ata, genitori), si deve capire che la scuola non può essere trattata alla stregua di una fabbrica di automobili.
Un’ultima considerazione… Quando c’era il direttore didattico e la qualifica dei maestri, egli dirigeva un’unica scuola e aveva il tempo di andare nelle classi, di interrogare gli alunni, di conoscere i maestri. Adesso che al preside, con il dimensionamento, hanno dato più scuole da gestire, come fa egli a conoscere i professori, a entrare nelle classi, a valutarli, con tutte le incombenze che gli hanno dato, avendolo fatto diventare datore di lavoro e capo-azienda?
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