E una mattina ti svegli e scopri che mancano i presidi. Dove? Nel Lazio. Come nel Lazio? Stropicci gli occhi e ti chiedi se non sia il caldo a offuscarti la vista. Rileggi… eh no… hai letto bene e lo stai leggendo sul Corriere della Sera (sabato 22 luglio). Davvero? Mancano i presidi nel Lazio? Se questa domanda la rivolgete alle centinaia di dirigenti che da quattro anni cercano di rientrare o avvicinarsi da fuori regione a casa potreste ricevere come risposta una sonora risata perché i posti nel Lazio non ci sono e quelli che sembrano liberi sono accantonati.
Già in un nostro precedente articolo, Dirigenti scolastici e reggenze, lo strano caso della regione Lazio. pubblicato il 3 luglio scorso nelle pagine della Tecnica della Scuola, i lettori di scrivono, abbiamo evidenziato questa anomalia dei posti accantonati, anomalia tutta laziale (meglio dire romana) che impatta pesantemente sulle scuole della regione.
Ma cosa significa accantonare un posto? Significa che un dirigente va a lavorare in un’altra amministrazione, in un Ministero, in un ufficio scolastico, in un sindacato ecc. oppure va a dirigere una scuola all’estero e come risultato quel dirigente lascia il suo posto ma non lo libera; dopo qualche anno perde la titolarità sulla sua scuola ma la mantiene nella regione e quando, raramente, decide di rientrare ha una precedenza assoluta nella scelta di una nuova scuola.
Un’opportunità in sé positiva ma, purtroppo, il “diavolo si nasconde nei dettagli” e se viene applicata, come succede, senza limiti, sviluppa concentrazioni anomale di reggenze. E’ il caso del Lazio dove oltre 60 dirigenti (il numero esatto non è ancora chiaro… alla faccia della trasparenza!) sono occupati in altri ruoli e i loro posti vanno annualmente a reggenza.
Così capita che a Roma e in alcune province (caso emblematico Viterbo) da anni, anni, anni, ci sia una percentuale di reggenze che nulla ha da invidiare alle regioni del profondo NORD e che di fatto è anche peggiore perché sono posti che non vengono assegnati a chi vuole rientrare e nemmeno ai neo immessi, ma rimangono in quel limbo, piuttosto affollato, dei diritti di pochi che la collettività paga.
E la soluzione? Qualcuno prende atto dicendo che purtroppo la situazione si presenta ogni anno e che le reggenze sono un male da evitare, c’è poi chi suggerisce di fare nuovi concorsi per ovviare a questa mancanza che si somma ai pensionamenti.
Un nuovo concorso nel Lazio? Rimaniamo basiti! Per dovere di cronaca, nonché di onestà, ricordiamo che dal 2019, anno in cui sono entrati in ruolo i primi dirigenti vincitori del concorso nazionale, il Lazio non riesce a dare posti sufficienti ai dirigenti laziali che perciò sono costretti ad accettare ruoli in altre regioni. Anche quest’anno tutti i posti vacanti, assegnati, per legge, alla mobilità dei dirigenti fuori regione, hanno permesso il rientro nel Lazio di soli 16 dirigenti a fronte di centinaia di domande rimaste inevase. Nei fatti, i freschi esiti dei trasferimenti lo confermano, nelle regioni del centro e del sud non ci sono posti per fare nuovi concorsi, banalmente, da 4 anni, non bastano nemmeno per chi vuole rientrare o avvicinarsi a casa. E sarà così, dicono gli esperti, per molto tempo visto che la nuova legge sul dimensionamento scolastico avrà tra gli effetti quello di ridurre l’organico dei dirigenti scolastici soprattutto al centro e al sud.
Ma torniamo alla questione posti accantonati nel Lazio e tentiamo di suggerire di nuovo una possibile, parziale, soluzione. Considerato che i dirigenti che lavorano presso i Ministeri svolgono un’attività di rilievo nazionale non dovrebbe essere solo la regione Lazio a pagarne gli effetti negativi con un aumento delle reggenze. Il peso dovrebbe essere, equamente, suddiviso in tutte le regioni in modo da ottenere, almeno sul 50% dei posti accantonati nel Lazio, un contingente di incarichi temporanei sui posti di quei dirigenti occupati con incarichi triennali o che da oltre sei anni sono distaccati.
Questo contingente potrebbe ampliare le possibilità di rientro, temporaneo, dei dirigenti fuori regione mentre il rimanente 50% di posti rimarrebbe accantonato come riserva per quei dirigenti distaccati che chiedessero di ritornare a dirigere una scuola prima della fine dell’incarico in altro ruolo. Una piccola modifica a favore della collettività, un atto di civiltà per le scuole laziali e per tutti i dirigenti fuori regione ingiustamente penalizzati dalla procedura del concorso nazionale 2017 che ha negato loro il diritto, dato a tutti gli altri dirigenti, di scegliere la regione in cui lavorare.
Le leggi si cambiano e si migliorano, auspichiamo ed attendiamo una concreta presa in carico del problema da parte di chi può risolverlo.
Dirigenti scolastici fuori regione concorso nazionale 2017
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