Nel corso delle due giornate di Osaka, i leader del mondo hanno semplicemente riaffermato i propri impegni ambientali nell’ambito degli Accordi di Parigi, ma senza la firma degli Usa, perché come è noto a Trump la faccenda non interessa.
E infatti, nel comunicato finale, i 20 stati hanno ribadito l’irreversibilità degli Accordi di Parigi e si sono impegnati a favore della “piena attuazione” delle loro misure nazionali contro il cambiamento climatico, tutti ad eccezione degli Stati Uniti.
Un punto rileva che gli Stati Uniti “ribadiscono la decisione di ritirarsi dagli Accordi di Parigi perché rappresentano uno svantaggio per i lavoratori e i contribuenti americani” e, nonostante ciò, quel Paese è riconosciuto come un “leader” nella protezione ambientale.
Organizzazioni ecologiste come Greenpeace, il Centro Giapponese pe una Società e un Ambiente Sostenibili e Amici della Terra hanno definiti insufficienti gli impegni concordati tanto in materia di cambiamento climatico che dei residui di plastica e hanno organizzato proteste a margine del vertice.
Nel testo finale, si dice pure di “ridurre a zero” la contaminazione delle plastiche negli oceani entro il 2050, una meta globale battezzata come “Visione degli Oceani Azzurri di Osaka”.
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