Molti anni fa il guru degli hippie Timothy Leary definì il computer e la realtà virtuale l’Lsd del XXI secolo, mentre Tim Berners Lee l’inventore del Web ha dichiarato che internet non è più un posto piacevole.
Si può dire che, oggi, le tecnologie dell’informatica regalano ai giovani nuovi e pericolosi rischi per le relazioni sociali e, in modo particolare, la rete e i suoi vettori stanno inghiottendo le esistenze delle nuove generazioni, con conseguenti disturbi della personalità, dell’umore e della capacità di stabilire un contatto piacevole con la concretezza delle cose.
Finita l’era della comunicazione e degli “incontri di piazza” che rispecchiavano il bisogno di sentirsi integrati nell’ordine dell’esistenza, l’informatizzazione e la comunicazione selvaggia stanno impedendo ai giovani di vivere in carne ed ossa l’esperienza del “noi”, del confronto con l’altro da sé e stanno determinando quei fenomeni di insicurezza e di perturbazioni psichiche così frequenti nel mondo contemporaneo.
Il bisogno di esprimersi e di comunicare ha una radice istintiva molto profonda e un notevole potenziale di scarico che, se non adeguatamente inserito in una struttura dinamica, può determinare crisi esistenziali e crisi d’identità.
Pertanto, comunicare con i coetanei, e non stare da soli davanti al computer, significa attingere ad una fonte inesauribile di risorse che arricchisce il rapporto persona-realtà, persona-persona.
I giovani, oggi, fuori dalla scuola e dalla famiglia, muovono passi molto importanti nel processo di identificazione personale e di socializzazione, assimilano dai media molteplici conoscenze e orientamenti, ma la loro intelligenza emotiva ed affettiva può subire particolari condizionamenti negativi proprio in quell’ambito, la rete, dove non c’è alcun controllo di tipo valoriale, né alcun stimolo a porre domande sulle esperienze vissute, ad educare ed a vivere positivamente la relazione e la comunicazione.
Il social virtuale, nel suo complesso, è portatore di messaggi di informazioni, di stimoli, di orientamenti, che tendono a strutturare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone e, in determinate situazioni, possono portare a destinazioni diverse come l’apatia, l’isolamento, la chiusura, la depressione, la violenza, il suicidio.
Poiché si può ritenere che l’influsso diretto della rete sulle scelte da compiere ha più successo, in quanto proveniente da una potente agenzia di socializzazione ben disposta e predisposta ad accogliere molte vere o presunte verità, l’opera della scuola appare insostituibile per affrontare e sostenere il rischio di un effetto di superficie che condiziona e soffoca e compiere un efficace intervento di informazione e formazione.
Essa dovrebbe svolgere una funzione di rinnovamento e di controllo nei confronti di stimoli e valori provenienti dalla diffusione di messaggi e di idee mediante strumenti telematiciil cui tratto culturale è la dipendenza.
Può sembrare un’utopia, ma parlare di una scuola come di un meccanismo o un organismo di ambiti e funzioni capacidi proporre una sensibilità informativa e comunicativa diffusa, interdipendente dal compito educativo, e di sostenere, pedagogicamente parlando, il diritto della persona ad interpretare il presente e progettare un non disumano avvenire per sé e per gli altri, non è eccessivo.
Purtroppo, la situazione è tutt’altro che rosea e il cammino da fare è lungo e faticoso; perfino quando non mancano buone intenzioni, alle enunciazioni di principio non sempre fanno seguito attuazioni concrete e, spesso, si verificano carenze e difficoltà di coordinamento delle varie iniziative. Si può constatare una preoccupante incapacità ad avviare interventi educativi sensibili, disegni lungimiranti sostenuti da un territorio culturale con i suoi modelli, le sue regole, i suoi valori.
Ne consegue un alto grado di incomunicabilità e di esclusivismo dove il ragazzo si relaziona in uno spazio riservato e monopolistico caratterizzato da una scarsa percezione delle variabili esterne.
Per dare risposte e soluzioni valide e per non creare nuove frustrazioni e delusioni, occorre impegnarsi per migliorare le potenzialità educative di alcuni settori dell’informazione, contrastare i condizionamenti negativi e intensificare gli sforzi individuali di partecipazione.
In questa prospettiva, l’associazionismo può aiutare ad affrontare ed a risolvere alcuni problemi specifici ed immediati legati a modalità comunicative che rendono oscuri e sconosciuti.
La comunicazione, sostanzialmente, è uno spazio psico-sociale, è la gestione di un rapporto e non la si possiede come un oggetto una volta per tutte, ma la si gioca di volta in volta in rapporto alle condizioni poste dalle situazioni concrete.
Occorre essere vigili, non cedere a tentazioni pessimistiche, ridurre l’insoddisfazione e lo scoraggiamento e percorrere le vie di una vera e propria trasformazione storica a vantaggio di una comunicazione multimediale educante attenta, nella sua globalità, alla formazione delle nuove generazioni.
La soluzione dei problemi non verrà magicamente dall’alto, ma è possibile solo se ognuno si prende le proprie responsabilità e accanto a quelle della famiglia e delle istituzioni educative, c’è anche una responsabilità politica.
Fernando Mazzeo