Intendiamo rivolgere un accorato appello al nuovo Ministro dell’Istruzione affinchè si faccia promotore di una vera e propria sterzata sulla scuola che ha veramente un urgente bisogno di cambiare pelle e di tornare a privilegiare la didattica come unico modello di insegnamento ed apprendimento.
Una didattica non autoreferenziale, pratica, plastica che metta al centro le conoscenze come baluardo per gli alunni e per frenare, in qualche modo, la discesa verso il basso delle abilità linguistiche dell’italiano, come dimostrato ampiamente dai risultati delle prove Invalsi.
Il neo Ministro di Viale Trastevere ponga fine a quella lunga, penosa ed inutile scia di progetti che vengono propinati dalle scuole agli alunni, i quali i più delle volte non producono una efficace ricaduta sugli apprendimenti degli alunni. Infatti si assiste piuttosto ad una regressione delle conoscenze e competenze (ma più le prime che le seconde) degli apprendimenti.
I progetti ostacolano la didattica di qualsiasi tipo (frontale, di gruppo etc.) sminuendola e rendendola effimera e vuota. Gli alunni vengono disorientati dalla pletora di progetti che durante l’anno gli si propinano e le famiglie (quelle che hanno a cuore la formazione dei propri figli) appaiono frastornate.
Ormai niente più conoscenze, niente più competenze, ma progetti. E la didattica nelle classi chi la fa più? Se si fanno solo progetti a discapito dei saperi disciplinari cosa saprà fare l’alunno quando uscirà fuori dal percorso scolastico. Sembrerà uno zombie che cammina, senza sapersi orientare, senza saper affrontare le difficoltà della vita. È ora di mettersi in testa che bisogna tornare alla didattica tradizionale, quella che ha funzionato per oltre settanta anni e che poi è stata cestinata perché vecchia ed obsoleta. Insomma fare didattica nelle classi!
Il neo Ministro dell’Istruzione si faccia promotore di un ritorno a riscoprire il valore vero, autentico e reale della didattica, di quella didattica, cioè, che trasmette saperi, conoscenze da tradursi in abilità e non lasciamoci naufragare in quella miniera di progetti che ogni giorno vengono diramati alle scuole. I nostri alunni non sanno più coniugare i verbi, non sanno leggere, non sanno scrivere una frase semplice, non conoscono le regole elementari le la scuola di oggi che fa: continua a fare un mare di progetti che non accrescono affatto le abilità linguistiche e comunicative ma stanno solo affossando la scuola facendole perdere sempre più i suoi connotati di luogo di crescita e di conoscenze.
Mi sapete spiegare come mai la riforma Gentile del 1923 è stata ottima per settanta anni ed ha funzionato preparando alla vita generazioni di studenti, studenti cioè che sono usciti veramente preparati e competenti che sono protagonisti indiscussi della sociale, culturale, politica ed economica del Paese? La scuola aveva bisogno di una riforma strutturale, aveva bisogno di rafforzare le conoscenze che stavano diventando sempre più labili ed evanescenti. Tutte le riforme, da quella gentiliana in poi, non hanno fatto che peggiorare il mondo della scuola facendole perdere la sua vera identità.
La vera scuola non esiste più, neanche le macerie ci sono più. Sono diventate piccole aziende dove i docenti hanno perduto la loro funzione educativa e formativa essendo diventati degli operai soffocati da mille scartoffie e stritolati da un sistema che ha smarrito la sua bussola, costretti a assolvere ai dettami dirigenziali ed essere proni ai diktat dei genitori che invadono sempre più il campo della didattica senza limitarsi al loro specifico ruolo. Il colpo di grazia alla scuola è stato inferto dalla legge 107 della “Buona Scuola” che di buono ha ben poco se non quello di destrutturare ancora di più un sistema che presenta molte falle.
Cerchiamo di riportare la scuola nel suo originale alveo, torniamo ad insegnare la grammatica italiana, la matematica, le lingue straniere, mettendo in cantiere molti progetti che non fanno altro che creare disordine e confusione negli alunni. Cerchiamo di preparare una generazione di alunni preparati che si approprino delle competenze importanti per la vita lavorativa e che sappiano risolvere i problemi reali, quotidiani.
Mario Bocola