Diritto al lavoro o diritto di protezione alla vittima di stalking? Per la Corte di cassazione (Sentenza 27271) il diritto della vittima vale più della garanzia costituzionale al lavoro e ha così confermato il divieto di avvicinamento imposto a un insegnante che stalkerizzava la preside del suo istituto come confermato sia dalla parte lesa sia dai colleghi.
Il sole 24 Ore riporta il caso di un docente che perseguitava la preside infastidendola con profferte del tutto sconvenienti. Giudicato colpevole di stalking, veniva allontanato dalla scuola. L’uomo si appellava alla sentenza, accampando il diritto costituzionale al lavoro, in quanto il divieto di trovarsi negli stessi luoghi con la vittima di fatto si traduceva per l’indagato nell’impossibilità di insegnare.
Il fatto che il persecutore sia un collega, hanno sentenziato i giudici, non impedisce di applicare la misura cautelare. Spetta infatti al giudice di merito vedere se esiste una modalità alternativa, compatibile con la restrizione in atto, che consenta allo stalker di svolgere comunque la sua attività.
La Suprema corte, viene precisato, quarti nel confermare la restrizione, ricorda però che la norma obbliga il destinatario del divieto a mantenersi ad una certa distanza dalla parte offesa, per consentirgli di fare la sua vita in assoluta sicurezza, ovunque questa si trovi, senza fare alcuna distinzione.
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