Al Sud per le scuole si spende il doppio che al Centro-Nord, ma con risultati peggiori
La crisi degli ultimi anni ha allargato il divario Nord-Sud con un Mezzogiorno ormai abbandonato a se stesso. E la scuola e la sanità sono l’emblema di questa forbice che si allarga. L’impietosa fotografia è stata scattata dal Censis attraverso il rapporto ‘La crisi sociale del Mezzogiorno’, pubblicato il 19 marzo e già trattato su questo sito internet: “al Sud – scrive il Censis – non si riescono a mettere a frutto i fondi europei, si spende di più per la scuola ma con risultati peggiori e a fronte di bisogni assistenziali crescenti c’è l’abbandono della sanità pubblica”.
Se ci si sofferma, in particolare, sulla spesa pubblica per l’istruzione e la formazione, il Censis rileva che questa “nel Mezzogiorno è molto più alta di quella destinata al resto del Paese: il 6,7% del Pil contro il 3,1% del Centro-Nord. Eppure, il tasso di abbandono scolastico è del 21,2% al Sud e del 16% al Centro-Nord, i livelli di apprendimento e le competenze sono decisamente peggiori e tutte le regioni meridionali si caratterizzano per una incidenza del ‘fenomeno Neet’ superiore alla media nazionale: il 31,9% dei giovani di 15-29 anni – conclude il Censis – non studiano e non lavorano, con una situazione da emergenza sociale in Campania (35,2%) e in Sicilia (35,7%)”.
Le preoccupanti notizie su investimenti eccessivi e scarsi risultati nel Sud del Paese hanno provocato reazioni immediate. Soprattutto in campo politico. Ma anche sindacale. Per il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra, “il Sud ha pagato in questa crisi il prezzo più alto, in termini di perdita di posti di lavoro e riduzione dei redditi, il che mette a rischio la coesione sociale. Ecco perchè il nuovo Governo deve collocare le politiche per il Mezzogiorno al centro delle sue strategie di crescita. Il nuovo quadro di risorse che la Unione europea si appresta a stanziare, assieme alle dovute risorse ordinarie, deve consentire al nostro Sud di rilanciare l’industria e l’occupazione e rendere i processi sociali inclusivi soprattutto nelle città e nelle aree interne”. Il sindacalista Cisl auspica quindi che si punti dritto sulle infrastrutture e sulla scuola superiore, in particolare quella di tipo tecnico: “per favorire l’occupazione nel Mezzogiorno – conclude Sbarra – devono assumere un ruolo centrale, le infrastrutture materiali ed immateriali ed un’ istruzione soprattutto tecnica“.
Anche per il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, “istruzione e occupazione sono i due settori da cui ripartire per affrontare la crisi. Il dato che preoccupa maggiormente è quello dei neet nell’area più giovane del paese. Non è un caso che superi il 35 per cento in Campania e Sicilia dove la deindustrializzazione è più forte e dove, a differenza della Puglia, non ci sono stati investimenti regionali su occupazione e sviluppo“.