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Al via i test Invalsi, sull’utilità sindacati divisi

I test Invalsi sembrano sempre più scatenare i sentimenti della Nazionale italiana di calcio: entrambi sembrano essere nati per dividere. Tra le varie categorie “spaccate”, l’ultima che si aggiunge alla lista è stata quella dei sindacati. Dopo gli scioperi annunciati da tempo dai Cobas contro una misera scuola-quiz che smantella materialmente e culturalmente l’istruzione, trasformando i docenti in addestratori”, ed il recente appello del segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, al ministro Profumo, perché “rassereni la situazione, la si sgombri dagli aspetti grotteschi e si lavori seriamente e responsabilmente ad un sistema di valutazione degno di questo nome” anziché assistere “a interventi autoritari agiti o minacciati da parte dell’Amministrazione”,  a poche ore dall’avvio delle prove (si parte il 9 maggio con la primaria) è arrivata la presa di posizione della Cisl Scuola. Che sostanzialmente si è detta favorevole ai test. Definiti migliorabili, ma comunque pur sempre da somministrare.
Il suo segretario generale, Francesco Scrima, ha infatti etichettato “sbagliate e controproducenti le azioni promosse contro le prove Invalsi”, poiché vanno a determinare “il boicottaggio di un lavoro con cui, pur tra mille difficoltà, si può contribuire ad affermare, promuovere e diffondere una cultura della valutazione di sistema”. Certo, la Cisl ammette che negli incontri al Miur ha più volte evidenziato “gli elementi di criticità via via riscontrati sia nella formulazione che nelle modalità di somministrazione delle prove”. Tuttavia ritiene “che rispetto ad essi sia senz’altro prevalente l’interesse a dotare la scuola italiana di efficaci strumenti di valutazione di sistema. Per questo il boicottaggio delle prove può rivelarsi addirittura controproducente”.
Più che rispetto alla Flc-Cgil, la posizione della Cisl sembra prendere le distanze da quelle dei Cobas, per i quali i quiz Invalsi continuano a rimanere non obbligatori: “nonostante la frasetta del Decreto Semplificazioni che li giudica ‘attività ordinaria’”, per il sindacato di base guidato da Bernocchi, questo attività didattica extra rimane “al di fuori delle lezioni e delle riunioni degli Organi collegiali” e quindi “oltre a dover essere decisa da questi ultimi, non comporta alcun obbligo per docenti, Ata o studenti”.
Il punto che sembra invece trovare il consenso di tutti i sindacati è quello della scarsità delle risorse disponibili. Tanto che lo stesso Scrima parla di continuare ad operare al fine di attuare degli interventi “per riconoscere i carichi di lavoro aggiuntivo del personale docente e Ata”. Del resto, la scarsità dei fondi destinati al personale della scuola è un punto così dolente ed evidente che sarebbe impossibile sostenere il contrario.
Alessandro Giuliani

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