Una falsa partenza. È quella che ha contrassegnato, ad un anno e mezzo dalla tragedia, l’avvio del processo attraverso cui risalire ad eventuali colpevoli del crollo del soffitto del liceo Darwin di Rivoli, in provincia di Torino, che causò la morte del 17enne Vito Scafidi.
L’udienza, che ha preso avvio il 22 aprile alla presenza dei familiari dello sfortunato giovane e di tantissimi suoi compagni, è stata sospesa a pochi minuti dall’inizio perché il giudice dovrà stabilire, sentendo le parti, se accettare o meno la proposta di Legambiente,. “Il ministero non ha messo soldi a bilancio per la sicurezza nelle scuole – ha detto Pietro Lacamera, responsabile Legambiente a Rivoli – e quindi non ha finanziato interventi che avrebbero potuto evitare anche questa disgrazia. La sicurezza nelle scuole rimane una opera prioritaria rispetto a tutte le altre“.
La richiesta non è da poco: per dare una risposta al quesito occorrono maggiori elementi, anche tecnici, rispetto a quelli sinora esaminati. Occorre soprattutto del tempo: così il processo riprenderà a settembre.
Una decisione che non farà piacere ai familiari di Vito, tutti presenti in aula. “Non passa mai – ha detto Cinzia Caggiano, la madre, ancora molto provata – volevo restare a casa perché mi dà anche fastidio farmi vedere piangere ogni volta. Ma sono venuta per Vito. Se vado avanti adesso è solo per mia figlia“. In aula c’era anche quest’ultima, Paola Scafidi: “il ministero è l’unico ente che ci è stato vicino“, ha detto la ragazza, che fa parte del comitato tecnico del Miur per la sicurezza della scuole, ruolo che riveste da dopo l’incidente. La famiglia Scafidi, comunque, non si è ancora espressa sulla volontà di citare o meno il ministero di viale Trastevere come responsabile civile dell’accaduto.
Alla prima udienza non è voluto mancare anche Andrea Marcì, il compagno di scuola di Vito che rimase coinvolto nell’incidente e che per questo oggi è su una sedia a rotelle. “Mi auguro, entrando in quest’aula, le cose che normalmente si augura una persona quando entra in un Tribunale – ha detto, a udienza terminata, Andrea – quindi mi auguro che venga fatta giustizia“.