Sono un docente in pensione dal 1 settembre 2020 e vorrei fare alcune considerazioni sulla questione del posticipo della fine dell’anno scolastico.
Intanto, vorrei ricordare cosa facevamo nella mia scuola (I.I.S. “BUCCARI-MARCONI CAGLIARI) fino all’anno scolastico 2018/19 (prima della pandemia) durante i mesi di giugno e luglio. L’anno scolastico terminava attorno all’8-10 giugno, iniziavano immediatamente gli scrutini finali, si organizzavano i corsi di recupero per gli alunni con carenze formative (o si davano indicazioni agli alunni su come recuperare autonomamente, se le carenze erano lievi). Attorno al 10 luglio, iniziavano gli esami sulle discipline oggetto di recupero. Dopo gli esami di luglio, venivano riconvocali i consigli di classe per gli scrutini integrativi (per gli alunni interessati ai debiti scolastici), venivano pubblicati gli scrutini aggiornati e, attorno al 20 luglio, si convocava l’ultimo collegio dei docenti. Dopo di che iniziavano le ferie (32 + 4 giorni per le festività soppresse).
Fatta questa doverosa premessa, passiamo ora alle problematiche attuali e alla necessità del prolungamento dell’anno scolastico in corso fino a tutto giugno.
Io credo che il recupero debba sempre essere personalizzato e sono certo che molti alunni hanno ben lavorato anche a distanza, raggiungendo gli obiettivi disciplinari previsti dalla programmazione. Infatti, per chi ha avuto a disposizione spazi e strumenti nella propria abitazione (soprattutto computer e buone connessioni), non è detto che lavorare da casa sia stato necessariamente uno svantaggio. In ogni caso, bisognerebbe valutare caso per caso, come si è sempre fatto in qualunque anno scolastico, e queste valutazioni spettano ai docenti che dovrebbero (e dovranno) esprimersi negli organi collegiali dei quali fanno parte (soprattutto nei Collegi dei Docenti e nei Consigli di Classe).
Non serve un prolungamento dell’anno scolastico di tre settimane, con classi strapiene, caldo insopportabile in molte parte d’Italia, alunni che starebbero in classe solo perché obbligati e risultati assolutamente dubbi sul piano del recupero delle carenze. Serve, invece, una valutazione “normale”, “personalizzata”, “alunno per alunno”, delle carenze da recuperare. Bisogna aumentare le risorse economiche per le fase di recupero delle carenze formative che, ricordiamolo, non riguarda solo il “periodo Covid”, ma qualunque periodo.
In sostanza io credo che il problema del recupero delle carenze formative dovrebbe essere risolto attraverso il potenziamento degli strumenti già previsti, aumentando le risorse per i corsi di recupero e prevedendo anche la possibilità di avvalersi di altri docenti per eventuali sostituzione dei titolari impegnati negli Esami di Stato. Non classi di 27-30 alunni che frequentano fino a luglio, ma piccoli gruppi di 4-5 alunni per un recupero reale delle carenze formative e per tutto il periodo necessario.
Marco Sanna