Il Comitato Dirigenti e vincitori del concorso per dirigenti scolastici del 2017 sta tentando da tempo di avere con i ricorrenti al concorso DS 2017 un confronto civile, basato su regole minime di rispetto reciproco, di correttezza e di onestà intellettuale. Purtroppo, però, non sempre si riesce ad instaurare questo dialogo.
Poiché l’ultima nota dei Ricorrenti Concorso Dirigenti Scolastici 2017, riportata su Tecnica della scuola, palesa una scarsa conoscenza dei meccanismi sottesi al funzionamento della pubblica amministrazione e dei principi elementari del diritto amministrativo, abbiamo sentito l’esigenza di chiarire e precisare alcune tematiche per evitare che qualche lettore meno informato venga fuorviato dalla retorica.
Tema primo. La normativa italiana prevede che l’accesso alla qualifica di dirigente scolastico avvenga attraverso il SUPERAMENTO di un concorso pubblico per esami. Questa procedura attesta, in sostanza, che un certo individuo possiede le competenze professionali per poter ricoprire un determinato incarico.
Per evitare interpretazioni errate si precisa che non si sta affermando che i vincitori siano in possesso di quelle competenze e coloro che non hanno superato la procedura concorsuale non lo siano. Sappiamo bene che tutti i concorrenti hanno studiato e sofferto ma nelle prove di esame entra una serie di altri fattori, tra i quali, non ultima, una buone dose di fortuna.
I posti messi a concorso da un bando pubblico, diversamente, rappresentano soltanto il fabbisogno in termini numerici della Pubblica Amministrazione. Dopo la selezione concorsuale, la graduazione degli idonei è un naturale processo per far coincidere il numero dei selezionati con l’entità del fabbisogno. Graduazione che, per inciso, quasi sempre avviene aggiungendo al merito, cioè ai voti ottenuti nelle prove, il punteggio generato dai titoli posseduti. La successiva graduatoria, che certifica in egual modo l’idoneità di tutti i suoi componenti, fa maturare il diritto di alcuni all’assunzione in virtù del posto occupato.
Detto in altre parole, l’unico motivo per il quale si dichiarano vincitori tutti i concorrenti posizionati fino ad una determinata posizione della graduatoria prevista da un bando (nel caso specifico del concorso DS la posizione era la 2900ima) è quello di distinguere chi astrattamente potrebbe essere assunto da chi effettivamente acquisisce il diritto a esserlo. Quindi non è stato né un caso né un errore se in graduatoria di merito sono stati inseriti sin dal primo momento tutti coloro che avevano superato le tre prove concorsuali, ma è stato un preciso atto amministrativo con valenze giuridiche.
NE CONSEGUE CHE LA POSIZIONE GIURIDICA (E SOSTANZIALE) DI CHI HA SUPERATO UNA PROCEDURA SELETTIVA È DEL TUTTO DIFFERENTE DA QUELLA DI CHI QUELLA PROCEDURA NON L’HA, AFFATTO, MAI SUPERATA.
Insomma, chi parla di “sanatoria per gli idonei”, non ha ben chiara la valenza giuridica dei due termini utilizzati.
Del resto, è noto come il legislatore sia intervenuto più volte sul bando originario e, tralasciando tanti dettagli significativi, l’assunzione immediata del 70% degli aventi diritto (i primi 2045 su 2900 vincitori), la sopraggiunta riforma di quota cento e le numerose rinunce, hanno rotto presto gli argini: a dicembre 2019 la PA era già tornata al punto di partenza per quanto riguardava il fabbisogno di nuovi dirigenti scolastici. Seguendo consolidati principi in termini di programmazione triennale, il legislatore, attraverso il decreto milleproroghe, ha rivisto il fabbisogno della PA e ha fatto quanto era logico e corretto fare: assorbire per economia gli idonei, appena selezionati, e porre le basi per una nuova procedura concorsuale (è stata modificata la norma per l’indizione del prossimo concorso che ritornerà ad essere regionale).
Non si comprende, quindi, il motivo di “cotanta indignazione”, se si considera appunto che in TUTTE le precedenti tornate concorsuali (2004 – 2006 – 2011) gli idonei sono stati SEMPRE assunti.
Tema secondo. Si denuncia a gran voce il conflitto di interesse dell’on. Azzolina, consapevoli che il concorso ha avuto inizio con Busetti e si è concluso con Fioramonti. Perché questo? Con assoluta certezza si può affermare che la Ministra Azzolina non aveva nessun interesse in merito all’approvazione o meno del provvedimento per la trasformazione della graduatoria ad esaurimento perché, essendo lei risultata vincitrice fin dal primo momento, il provvedimento non incideva in nessun modo sulla sua condizione. Inoltre è evidente che la Ministra avrebbe tutto l’interesse a “sanare” i ricorrenti. Infatti, ove questo avvenisse, cadrebbe la materia del contendere, il CDS non arriverebbe a sentenza e lei acquisirebbe la qualifica di vincitrice del concorso senza alcuna riserva. Dunque quale sarebbe il palese conflitto di interesse dell’on. Azzolina? La Ministra non ha fatto la scelta più semplice perché le strade più facili non sono sempre le più onorevoli.
Terzo tema. È vero che pende sull’intera procedura concorsuale una sentenza di annullamento del TAR. Questo avrebbe potuto (dovuto) essere una remora morale per il legislatore, secondo i ricorrenti, nel proseguire le operazioni concorsuali. Ebbene, non lo è stato anzitutto perché esiste nel contempo una sospensiva del Consiglio di Stato che, per garantire il superiore interesse pubblico, ha concesso al MIUR di procedere con riserva nell’espletamento della procedura, così come previsto dall’ordinamento della Repubblica italiana. In secondo luogo detta sentenza decreta la PRESUNTA (perché ancora non passata in giudicato) incompatibilità di alcuni commissari: uno per la controversa questione della valenza amministrativa della carica di sindaco, due per aver tenuto dei corsi di formazione a distanza, territorio per molti aspetti ancora inesplorato dalla giurisprudenza. Insomma questioni formali, non certo penali, suscettibili, a parere dei tecnici ministeriali, di diversa interpretazione. Senza contare, poi, che gli stessi ricorrenti hanno da subito rimesso la palla al centro, impugnando loro stessi la sentenza del TAR, ritenuta insoddisfacente.
Ultimo tema. Le “acclarate irregolarità” del concorso, a cui spesso si fa riferimento, nella realtà non sono fatti accertati dalla magistratura ma doglianze di parte e valutazioni personali eseguiti da tecnici di parte. Sebbene di pregevole fattura, i dossier confezionati dai ricorrenti sono giudizi di parte che devono essere vagliati dall’autorità competente.
Si invoca con veemenza giustizia e trasparenza, ma invece di attendere con fiducia la sentenza definitiva, prevista ad ottobre, si richiede una SOLUZIONE POLITICA che è rappresentata da un concorso riservato, da esplicarsi prima della sentenza del CDS e, soprattutto, di un nuovo concorso ordinario.
Non si comprende se il corso-concorso debba essere selettivo o meno. Nel caso fosse selettivo, saremmo facili profeti nel prevedere che molti di coloro che non lo avranno superato faranno ulteriori ricorsi adducendo altre irregolarità, come è già successo in passato.
Nei panni dei ricorrenti aspetteremmo fiduciosi che la magistratura si pronunciasse proprio per dimostrare la validità e la correttezza delle nostre ragioni. La ricerca affannosa di un’altra soluzione rimanda fortemente ad un’idea di strumentalizzazione e di opportunismo.
Concludo con la speranza e l’augurio che chi ha merito possa averne soddisfazione e possa avere giustizia chi riuscirà a dimostrare i danni subiti nelle sedi competenti e con gli strumenti previsti dalla legge. Allo stesso tempo, però, mi auguro che nella loro ricerca di giustizia i ricorrenti dimostrino correttezza e rispetto verso quei colleghi che hanno superato il concorso, ponendo tutta la questione nella giusta prospettiva.
Giovanni Tosiani
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