Dopo le proteste, i docenti non vaccinati, sono pronti passare alle azioni concrete: alcuni di loro non possono accettare di passare all’orario del personale Ata, quindi a 36 ore settimanali, né di essere occupati con “attività di supporto alle funzioni scolastiche”, così come previsto dalla Nota ministeriale del 31 marzo. C’è chi è pronto a contestare formalmente l’incarico che il dirigente scolastico si attinge a consegnare loro: fondamentalmente, il motivo è legato al fatto che le attività rischiano di demansionare i docenti no-vax e anche di fuoriuscire dalle funzioni del docenti previste dal Contratto di lavoro.
“Lunedì rientrerò a scuola – ha detto Ferdinando Alliata, docente del liceo artistico di Palermo, intervistato dall’Ansa -, ho già preparato una rimostranza scritta nel caso in cui la dirigente mi proporrà 36 ore di lavoro, anziché 18, non lo ritengo assolutamente legittimo”.
Se la contestazione del docente non dovesse sortire effetti, come probabile considerando che i presidi non possono venire meno precise disposizioni ministeriali, il passaggio successivo è il ricorso in giudice del lavoro.
Secondo il prof siciliano, “la severità di queste sanzioni è di natura politica e non sanitaria”. Alliata sostiene che vero i circa 3.600 docenti non vaccinati è stato attuato “un provvedimento punitivo”.
Contesta “anche il fatto di non poter tornare in aula, perché se faccio il tampone ogni 48 ore sono più sicuro di chi non lo fa da mesi”.
Il docente ritiene che avrebbe potuto benissimo tornare ad insegnare facendo lezione “in aula e tenere il distanziamento di due metri, mettere il plexiglass durante le ore di lezione o fare la dad stando in un’altra aula, le soluzioni si possono trovare”.
Anche se non è proprio quello che desiderava, comunque il prof si dice “felice di tornare a scuola. Lavoro nell’istituto dal 1988, ho piacere di tornare a scuola, ho sofferto questo distacco obbligato dagli studenti, dai colleghi e dall’ambiente scolastico in cui lavoro da oltre 30 anni. Resta da capire cosa mi faranno fare”.
Prova a rispondere Marco Menicatti, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Barsanti di Firenze, che ha predisposto l’attività per l’unico insegnante che rientra in questa casistica.
L’insegnante non vaccinato, ha detto all’Ansa, è stato già messo “a disposizione dei docenti come supporto o lavorerà nell’archivio della biblioteca. Ma dire di fare attività di archivio e supporto alla didattica vuol dire tutto e niente”, ha sottolineato il preside.
Il capo d’istituto avrebbe preferito che la sospensione fosse rimasta valida sino alla fine dell’anno scolastico.
“Ci sarà un motivo legale, magari per il rischio di contenziosi, ma adesso questo provvedimento non porta alcun beneficio alle scuole – ha spiegato il ds – perchè ho personale in più che mi fa delle cose di cui non percepivo il bisogno”.
Anche nell’istituto professionale alberghiero Aurelio Saffi, sempre di Firenze, è rientrata una docente non vaccinata.
La dirigente scolastica, Francesca Lascialfari, ha detto che ha organizzato “l’attività della prima settimana” progettando “attività che hanno a che fare con l’offerta formativa, l’educazione civica, la preparazione di verifiche e le valutazioni”.
“Si possono far fare le attività che di solito si trascurano, è chiaro però che si sta pagando un’altra persona in classe“, ha ricordato il capo d’istituto.
E una parte minoritaria di quei pagamenti, destinati agli stipendi dei supplenti dei docenti non vaccinati, verranno sottratti ai fondi destinati agli aumenti contrattuali, ad oggi appena poco superiori ai 100 euro lordi dipendente.
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