«Ci vuole l’esercito» per «far star zitte le pistole» a Napoli, dove gli omicidi sono in aumento, nonostante nel 2015 il dato, nel resto d’Italia, abbia segnato il minimo storico. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, intervistato da Skytg24, ha pure detto: «A Napoli abbiamo ottenuto successi straordinari nel contrasto alla camorra. Ci sono intere generazioni di clan in carcere, boss al carcere duro, ma c’è un dato mi lascia assolutamente insoddisfatto: i reati sono in calo ovunque, ma a Napoli gli omicidi aumentano. Dobbiamo zittire le pistole. L’ho detto anche a Renzi che adesso a Napoli ci vuole l’esercito. Abbiamo il contingente Strade sicure, ma occorre una norma per mandare più soldati a Napoli. Ovviamente la città non va militarizzata, ma vanno diminuiti gli omicidi, e vanno liberate forze dell’ ordine da mettere in strada. Non sono d’accordo con chi sostiene che tanto si ammazzano tra di loro: noi non possiamo fregarcene e dobbiamo far star zitte le pistole».
A lui ha risposto il presidente del gruppo Giovani imprenditori della Confapi di Napoli, che, in una nota, suggerisce di creare, piuttosto, occasioni di lavoro e incidere sui giovani soprattutto nelle scuole.
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“L’Esercito a Napoli non serve. Servono piuttosto assistenti sociali e maestri di strada. La militarizzazione è sempre una scelta sbagliata, anche in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo. Dobbiamo combattere la camorra con tutti i mezzi a disposizione oggi, ma dobbiamo soprattutto toglierle il bacino di reclutamento delle giovani generazioni bisogna creare occasioni di lavoro, costruire biblioteche e luoghi di ritrovo. E soprattutto bisogna recuperare il ruolo della scuola come baluardo contro l’illegalità”. “I militari in città, peraltro, avrebbero solo un potere deterrente assai limitato. Non parteciperebbero né a misure di ordine pubblico né a indagini dando solo l’impressione di uno Stato che ha paura di un manipolo di assassini senza scrupoli”.
Tuttavia mentre la scuola e l’istruzione non danno risultati visibili nell’immediato, l’esercito è subito percepibile tra le strade e quindi è bastevole a portare voti alle prossime elezioni. Questo significa lasciare sempre la scuola marginale, i cui possibili meriti futuri nessuno può attribuire a nessuno e in modo preciso, diversamente dall’azione plateale di drappelli armati per le vie di Napoli.
Opposte visioni del mondo tra la politica militante, che si nutre, ingolfandosi, di presente e gli operatori dell’istruzione condannati a raccogliere i frutti della loro “buona scuola” (non nel senso di sua ‘annunciazione’ Matteo Renzi) a lunghissimo termine.
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