La mancanza di stili di vita corretti sull’alimentazione induce a promuovere una grande informazione e di formare i docenti.
L’ha detto il ministro della ricerca e dell’università Valeria Fedeli che a Palermo ha concluso un incontro dell’Anci sulle mense scolastiche dove ogni giorno vengono preparati un milione e mezzo di pasti. Tema centrale del convegno un’indagine in 45 comuni con popolazione superiore a 100 mila abitanti: dalla ricerca sulla qualità del cibo e sul contrasto allo spreco sono emerse varie criticità.
Cristina Gechi, vice sindaco di Firenze, ha segnalato tra l’altro che in 25 grandi comuni (gli altri venti non hanno ancora fornito i dati) 6800 ragazzi non usufruiscono della mensa per decisione delle famiglie. A Torino sono ben cinquemila ad astenersi.
Le cause? Soprattutto due, secondo Gechi: “fuga dalla dimensione collettiva verso l’individualismo” e scelte culturali.
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A Torino, scrive l’Ansa, si è aggiunto anche il problema del “caro mensa” che ha provocato la protesta. Inoltre alcune decisioni della magistratura hanno sancito la libertà di portare il “pasto da casa”. Da qui la necessità, secondo il ministro Fedeli, di allargare le conoscenze e coinvolgere i docenti.
La ministra ha ricordato la necessità che “la mensa a scuola diventi un momento educativo per una conoscenza dell’apporto degli alimenti sulla salute dei ragazzi e per corretti stili di vita”.
“Le criticità – ha aggiunto – nascono dal fatto che molte cose non si conoscono. Quanti sanno qual è l’equilibrio alimentare che serve ai bambini? Altra questione: l’informazione va data non dal ministero dell’Università e della Ricerca ma dal ministero della Salute. Così si fa anche prevenzione”.
La ministra ha richiamato infine le linee guida sulle mense speciali che mirano a evitare condizioni di “separazione, esclusione, discriminazione”. E questo perché “bisogna includere tutti, e a misura di ciascuno”.
Secondo Fedeli, occorre inoltre contenere gli sprechi e mettere in relazione le spese a carico delle famiglie con le fasce sociali.
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