“Nel 2010 il rendimento della laurea per i lavoratori dipendenti italiani rispetto a chi ha solo un diploma è stato di poco più del 30%, 15 punti percentuali in meno rispetto agli altri maggiori paesi europei, che è significativamente più basso per i più giovani”. Ma ha pure osservato: “In Italia sembrerebbe che studiare possa convenire meno che altrove. Fra coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni il rendimento dei laureati è superiore dell’11% rispetto ai diplomati, mentre negli altri Paesi europei è più alto del 35%.” Quindi “il minor rendimento della laurea in Italia potrebbe essere correlato alla più bassa attività innovativa da parte delle imprese, anche se probabilmente solo in parte legata alla difficoltà di reperire lavoratori adeguatamente qualificati. Occorre certamente – ha esortato – fare di più per potenziare ricerca e sviluppo nelle imprese, per favorirne anche la crescita dimensionale, che consenta loro di competere con successo nel nuovo mercato globale”.
La soluzione? Per Visco: “Una crescita economica sostenuta e bilanciata è necessaria per garantire la stabilità finanziaria e evitare il rischio di un circolo vizioso tra assenza di crescita e assenza di conoscenza, mentre il capitale umano riveste un ruolo cruciale per lo sviluppo dell’economia e della società”. “Il nostro è un Paese povero di materie prime ed è quindi un Paese che, se deve investire in qualcosa, deve investire in noi, nelle persone oltre che in ambiente e nel patrimonio culturale. Ma è pure importante investire in alfabetizzazione informatica, promuovere percorsi formativi verso discipline tecnico-scientifiche, ma ancor prima è importante contrastare l’analfabetismo funzionale”. “Quella mancanza diffusa di competenze – di lettura e comprensione, logiche e analitiche – commisurate alle moderne esigenze di vita e di lavoro”
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