Parrebbe che la scuola italiana sia ancor più entrata in una sorta di area dove, bene che le vada, può solo diplomare degli alunni che col tempo, e in base alle condizioni sociali, perde per strada ciò che ha conquistato o gli è stato elargito o regalato dai prof.
Su il Sussidiario.it alla fine di una puntigliosa analisi dell’istruzione italiana con tutte le sue difficoltà e le sue riforme mancate che hanno consentito solo di declassare la nostra scuola fra le ultime in Europa, conclude però che qualcosa si può ancora fare per salvarla.
Ricordando a se stessa che la socializzazione è un pre-requisito, non il fine della scuola, la sua mission principale è alimentare il sapere, stimolare e costruire al meglio le facoltà cognitive, far sviluppare pensiero critico e creativo. Forse, allora, è il caso di cominciare a riconsiderare il ruolo che hanno la scrittura, la lettura, la memoria (che va educata), l’analisi logica, la capacità di stabilire connessioni di sapere, le famose «nozioni» che non sono altro che i mattoncini della conoscenza, di cui uno deve disporre per imparare a metterli in collegamento (competenze).
E’ opportuno recuperare nella scuola primaria alcune buone prassi (dettato, pensierini, riassunto) con cui generazioni hanno appreso l’uso corretto della lingua italiana, della sua dizione e della sua grafia e hanno potuto sviluppare le abilità di selezionare le parole e sintetizzare le idee condensando fatti e situazioni ai nuclei fondamentali.
Va recuperato anche il ruolo della memoria (le poesie di una volta), non solo quella visiva, delle immagini, tipica della società digitale. Ma anche quella funzionale, che si sta atrofizzando in un’era in cui si ritiene tutto lo scibile disponibile a portata di clic, tanto che senza «clic» si è nudi, spersi, vuoti. Di fatto ignoranti, perché non si possiede nulla che non sia recuperabile in rete. Infine, favorire i processi didattici che permettono di ragionare, di collegare i dati a disposizione, di sottoporli a verifica e metterli in ordine dando ad essi la giusta attribuzione, per giungere alla conclusione, al risultato (analisi logica).
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Internet è un potente mezzo, conclude Il Sussidiario, che mette a disposizione dell’uomo una quantità infinita di dati e di conoscenza, ma come tutto il sapere però, richiede di essere compreso, vagliato, controllato, collegato, sottoposto a verifica logico-razionale. In una parola, non subìto passivamente, ma utilizzato criticamente da un cervello acceso, formato e sviluppato. Contribuire a questo è il primo compito della scuola. Non è poco.
La legge di riforma della scuola non mi pare che sia ispirata a questo cambio di paradigma, se non marginalmente. E’ pur vero che la differenza la possono fare le “buone scuole” autonome.
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