L’emergenza Coronavirus ha sconvolto le nostre abitudini, ha messo concretamente in dubbio le nostre certezze e sgretolato il mondo del lavoro e dell’istruzione. Alla pesante crisi sanitaria ed economica si aggiunge la crisi dell’educazione.
Per evitare il collasso della scuola, del sapere e della conoscenza, è indispensabile una profonda trasformazione dei modelli culturali dominanti. Un cambiamento che deve puntare sulla formazione: la scuola e l’educazione devono diventare il faro della nuova civiltà dell’uomo.
Ma qual è la vera vocazione e la concreta missione della scuola? Non deve dimenticare il suo importante ruolo svolto sul territorio e deve puntare a recuperare la sua forza, deve continuare ad essere la fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per placare la loro sete.
Perché ciò accada, deve innestarsi nelle concrete problematiche del tempo in cui si svolge la vita degli alunni. Pertanto, in questa particolare situazione in cui le possibilità di un rientro sono ridotte al lumicino, la scuola deve ripartire da un progetto educativo, da un programma formativo che prenda atto della grave crisi che stiamo attraversando e il cui obiettivo principale, indipendentemente dal tipo di intervento, in presenza o a distanza, sia l’incontro costante, vivo e vitale con la persona.
Il rischio è sempre in agguato, ma dà anche una prospettiva.
La didattica a distanza, con tutte le sue potenzialità e criticità e diventata ormai obbligatoria, prospetta l’idea di una scuola senza più confini delimitati da mura, che vive diluendosi nelle diverse comunità familiari.
Ovviamente, non si tratta di superare l’istituzione scuola, che è e rimane essenziale nell’organizzazione della vita sociale, ma di riconoscere che si può contribuire allo sviluppo della cultura anche fuori di essa.
Una speciale attenzione ed uno straordinario impegno sono richiesti per affrontare questa grande sfida, legata alla pandemia, che mette in serio pericolo vasti settori della grande famiglia umana e della comunità educante in particolare.
Pertanto, va considerata la capacità di avvertire la scuola e i docenti come un bene insostituibile e sostenibile, capace di valorizzare la fraternità, promuovere la responsabilità, l’impegno e la reciprocità.
Ancora una volta è necessario operare un rinnovamento di mentalità che consideri questa nuova modalità operativa come una risorsa fondamentale, un’opportunità, un modo come un altro per creare cultura, dove ciascuno si impegna a formare il capitale sociale, quale antidoto ad un mondo che fa fatica a rendersi conto della necessità di una conversione globale della intera comunità educante.
L’attuale crisi sanitaria, educativa ed economica senza precedenti sono il segno inequivocabile di uno squilibrio insito nella globalizzazione, che mostra quanto sia importante considerare l’interdipendenza delle conoscenze, delle coscienze e delle intelligenze come uno strumento indispensabile per orientare famiglie, docenti e alunni verso il bene comune.
Per questo la scuola, come già sta facendo, deve riprogrammare, riprogettare e ritracciare un nuovo percorso che, sul piano cognitivo e didattico, metta al primo posto il ”prendersi cura”.
Ed è proprio in questo percorso, in questa capacità di mettere in atto il cammino comune del “prendersi cura” che si inserisce la decentralizzazione del rapporto e del dialogo educativo.
La bellezza dell’incontro e della relazione diretta con l’altro, anche attraverso incontri virtuali, con famiglie che possono concretamente assistere a questo fondamentale e inesprimibile rapporto docente-alunno, invita a progettare ed a costruire dal basso, spinge alla cooperazione, stimola la partecipazione e può essere la chiave per partecipare, da protagonisti, ad un’idea di scuola che abbia come fulcro una governance fondata sulla collaborazione decentrata che è il punto di forza per una scuola nuova e propositiva.
La scuola in questo difficile momento sta dimostrando una grande vitalità, sensibilità, comunione, impegno, dialogo, interscambio, risorse e idee umane incredibili. Per questo, passata l’emergenza, bisogna iniziare a guardare al futuro e pensare all’introduzione di elementi normativi e innovativi che valorizzino le potenzialità esistenti, creino nuove alleanze educative e favoriscano processi di mutamento programmato.
Ovviamente, per mettere in atto ciò, occorre che la scuola faccia leva sull’enorme capitale culturale e professionale, favorisca la partecipazione della comunità alla comunità educante e sviluppi progetti e riforme capaci di restituire valore, prestigio e dignità ai docenti.
Fernando Mazzeo
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