I lettori ci scrivono

Alla nostra scuola italiana

[…] Non prendetemi i giorni perché alla canzone sia sempre l’alba appesa ai tigli di un viale, e il nuovo sole al filo d strade e il refraim sia musica di Domani da comporre. Un Domani che è ancora ansia di sole, alla ricerca di verginità di nuove emozioni e sarà il futuro senza nome e l’avvenire senza età […].

Ieri la Scuola si è conclusa, nel suo anno accademico. Ci ha chiesto tanto, ci ha chiesto tutto. Ma soprattutto ci ha chiesto di restare fedeli al nostro compito, alla nostra missione, e non mai o non già professione. Cercando di colmare lo spazio segnato dalla assenza di plasticità fatta di volti, di incontri, di strette di mani, di linguaggi differenti tutti sempre nel comporre un unico lessico. Ci ha chiesto tanto, ci ha chiesto tutto e di più. Financo a scoprirci tecnologi, pur restando umani. Sempre sul filo degli equilibri, e sempre in prima linea.

Non li abbiamo mai lasciati soli, non ci siamo mai sentiti soli. Sempre presenti, sempre attenti alla eco delle esigenze di ognuno e di tutti, in specie di coloro che hanno trovato difficoltà nel comunicare virtualmente con noi, e noi abbiamo cercato comunque di incontrarli, rassicurandoli, donando la forza alla non resa che spesso si traduce in rassegnazione: giammai per loro che giovanissimi hanno tutto un cammino e un mondo da scoprire, loro che danno comunque il senso di questa nostra Scuola, di noi, ognuno di noi, malgrado tutto e malgrado ogni.

Ieri,i il portone della Scuola si chiude, e lasciamo dietro di noi un anno avventuroso, fatto di tante insidie, tante domande, tanti tentativi, di salti pindarici, eppure sempre in prima linea: non siamo eroi, siamo PERSONE UMANE: padri, madri, amici, fratelli. Siamo una miriade umana che nella docenza ritroviamo le nostre molteplicità di ruoli, di sentimenti, di sensazioni, di emozioni, grazie alle quali l’attenzione verso l’altro, gli altri, in particolare i più fragili, i più difficili, ci porta ad essere attenti tendendo ad abbandonare il nostro ruolo per interagire con tutta la nostra umanità, anche se talvolta errando.

Perché, malgrado qualcuno ci abbia denigrato sulle pagine di un quotidiano, noi siamo questo. La Scuola, prima ancora d’essere conoscenza competenza apprendimento, è soprattutto UMANITA’: e come non puoi non vederli, non scrutarli, non fermarti, non avvicinarti, non li possiamo lasciare fuori poiché loro sono di fatto l’essenziale, l’incontro con il senso dell’essere docenti, dell’essere Scuola. Incontri che dinnanzi all’opacità delle cose e della Politica e della stessa Società, ti mettono nell’anima incontenibili nostalgie di trasparenza, per coglierli tutti ed ognuno, reciprocamente, nelle proprie biografie e culture. E questo è ciò che poi dona la forza, la speranza, il coraggio, aprendo la finestra del dentro di loro affinché sempre guardino alla vita con quell’entusiasmo e innocenza che è della loro età.

Restano sul cortile solo i PAI, i PON, i POF, i PFI, e tutto quel burocratese che tenta di sviare, se non violentare, l’essere e l’essenza che è della natura stessa della Scuola: come tutto potrebbe essere più semplice, se rinunciassimo a tutti questi fogli, le tante circolari necessarie a coprire l’incapacità a gestire normativamente attraverso delle scelte concrete senza demandare all’improvvisazione, lontano dal lavarsi le mani dalle proprie responsabilità di detentori della Cosa Pubblica, direi meglio della Casa Pubblica, trasferendo o meglio delegando le responsabilità  all’apparato Scuola: Ds, docenti, ecc., ciò poi per mascherare l’ignoranza e/o l’indifferenza di chi vuole apparire progressivo e attento (vicino?), mentre nasconde la verità del non aver affatto compreso la SCUOLA.

A tutti i COLLEGHI di questo meraviglioso e vigliacco Paese chiamato Italia.

Alla nostra SCUOLA ITALIANA.

Mario Santoro

I lettori ci scrivono

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