In altre parole NEET in italiano vuol dire né studente – né lavoratore (o in cerca di lavoro). L’acronimo è stato usato per la prima volta nel luglio 1999 in un report della Social Exclusion Unit del governo del Regno Unito, come termine di classificazione per una fascia di popolazione. L’Istat nel rapporto “Noi Italia 2014” ha diffuso una serie di dati secondo i quali, in Italia i NEET sono oltre due milioni e costituiscono circa il 24% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, una quota di gran lunga superiore a quella media dell’Unione Europea (15,9 %).
Ad esempio la Spagna presenta una percentuale di NEET pari al 22,6%, mentre Grecia e Bulgaria hanno incidenze maggiori, rispettivamente 27,1% e 24,7%. Nella maggior parte dei Paesi Europei il fenomeno coinvolge in misura maggiore le donne con una percentuale pari al 17,8 % contro il 14,0 % degli uomini.
Analizzando la dimensione del fenomeno in Italia, si osserva che mediamente interessa maggiormente le donne (26,1%), mentre per gli uomini la percentuale è del 21,8 %. L’incidenza del fenomeno raggiunge il livello più alto nel Meridione, dove in Sicilia e Campania si raggiungono valori percentuali più elevati, rispettivamente pari al 37,7% e 35,4%. Anche in Calabria e Puglia la situazione è allarmante con presenze di NEET pari al 33,8% e al 31,2%.
Da notare che nel Mezzogiorno d’Italia il fenomeno dei NEET è così diffuso da non mostrare nette differenze di genere. Infatti, gli uomini sono al 31,6% e le donne al 35,0%. Numeri impietosi che necessitano di una inversione di tendenza, cominciando dalle scuole attraverso programmi, didattiche e insegnanti più innovativi e aggiornati.
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