La scomparsa delle lingue è un fenomeno conosciuto da sempre, ma pare che negli ultimi trecento anni abbia subito un’inarrestabile accelerazione. Quando una lingua scompare, secondo il rapporto del medesimo organismo internazionale, è una visione del mondo che sparisce.
Saranno la metà quelle che resteranno. I tempi della loro scomparsa seguono il ritmo sempre più stretto della globalizzazione economica che porta dietro di sé il grande esodo dagli ambienti rurali a quelli urbanizzati.
Con la scomparsa delle lingue scomparirà – è questo l’aspetto più grave e che chiama la scuola alle sue responsabilità – il patrimonio delle conoscenze espresso attraverso il linguaggio e che attraverso gli idiomi è stato immagazzinato nel tempo dalle comunità. Ne conseguirà che l’uomo vedrà il mondo in modo diverso, imparerà a comportarsi in un modo nuovo, cambierà tutta la via vita sociale.
La scomparsa di una lingua può provocare anche problemi di identità perché facilita lo sradicamento degli individui dalla loro storia e dalla loro comunità.
L’Unesco, per fortuna, ha anche avanzato talune proposte per frenare il fenomeno della scomparsa delle lingue e sanare il salvabile. A giorni presenterà il Museo della parola lanciato in occasione dell’ultimo festival delle scienze tenuto a Genova.