I messaggi a distanza tra il ministro dell’istruzione, Profumo, e il segretario nazionale del Pd, Bersani, hanno dei disturbi di sottofondo che lasciano pensare e che comunque rendono la comunicazione poco chiara. Se per un verso il megafono del segretario dei democratici non lascia dubbia di comprensione: o cambiate l’aumento del monte di 24 ore ai professori o non approveremo il testo di legge, seppure venisse chiesto con la fiducia, quello del ministro del Miur strabuzza un po’ l’intelligenza.
Infatti dà segnali di resa su tutta la linea di attacco a Bersani, ma alla fine della elencazione di ciò che occorre fare per la scuola, per i ragazzi e per la formazione, conclude dicendo: “Circa il dibattito sulle misure adottate, sono certo che il confronto parlamentare sarà all’altezza del difficile compito che ci spetta, con l’obiettivo comune di consegnare all’Italia una scuola migliore, più europea, per studenti e insegnanti. Per questa ragione, ogni suggerimento ed eventuale modifica, all’interno dei vincoli di bilancio votati dallo stesso Parlamento, sarà il benvenuto”. Quale scuola migliore si possa consegnare all’Italia, aumentando solamente e di colpo e senza interpellare nessuno il monte ore dei docenti e senza neanche considerare la ricaduta didattica, organizzativa, culturale, morale, professionale dei docenti, ritenuti come dei robot caricati con batterie inesauribili, è tutta da chiarire; come da chiarire è l’ultimo periodo, sibillino e ultimativo: “Per questa ragione, ogni suggerimento ed eventuale modifica, all’interno dei vincoli di bilancio votati dallo stesso Parlamento, sarà il benvenuto”.
In altre parole, se la ragione ci guida, il ministro dice a Bersani: trovaci altri barile da raschiare per compensare la perdita di 7milioni e rotti e di questa faccenda dell’aumento delle ore ai docenti non ne parliamo più.
Ultimatum-proposta che lanciata da un ministro che ha, diciamo così, le mani in pasta, nel senso che dovrebbe conoscere tutti i recessi dove trovare soldi, appare un po’ strano. Bersani forse potrebbe rispondere di cercare in un dispositivo di legge volto a tassare i grandi patrimoni o a limitare le spese belliche o volgere lo sguardo agli sprechi dei partiti, ma a cosa servirebbe se la strada intrapresa da questo Governo sembra segnata a mazziare i più deboli, scuola compresa?
Posto sempre che Bersani se la senta di indicare con forza queste strade e di farle perseguire al Governo. E siccome finora non c’è riuscito, non ci pare ci possa riuscire in seguito. Quali prospettive allora per togliere di mezzo questo obbrobrio che sta togliendo sonni a tanti docenti, fra cui soprattutto a quelli con poche ore per classe? Si è infatti fatto caso, per esempio, ai docenti di religione che si troveranno in 24 consigli di classe, visto che hanno già un’ora a settimana per 18 classi?
La faccenda è dunque assai ingarbugliata e chiedere a un politico, seppure sostenitore di questo governo, di trovare la famosa quadra lascia perplessi, come lascia perplessi la gogna del risparmio sulla pelle dei docenti, della scuola e dell’istruzione. Come finirà è difficile da immaginare, sebbene troppi dadi siano stati lanciati sul tappeto delle scelte politiche, per cui tutto torna nella capacità di contrattazione sia dei sindacati, sia delle forze parlamentari sensibili ai problemi della scuola e sia dei diretti interessati: i docenti che se all’epoca riuscirono a far dimettere Luigi Berlinguer da ministro sulle polveri accese del “concorsone”, altrettanto potrebbero fare ora dentro i barili ormai vuoti e raschiati fino all’osso della scuola.
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