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Allenare il cervello già a scuola previene l’Alzheimer

Stili di vita culturalmente corretti, incentrati sullo sforzo intellettivo, vanno condotti non solo dopo i sessant’anni ma sin dalla tenera età: tenere il cervello ben “allenato” già quando si va scuola concorre infatti a tenere a debita distanza l’insorgere di gravi malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. A dimostrarlo è stato uno studio multicentrico europeo coordinato dall’Istituto San Raffaele di Milano, pubblicato il 21 ottobre dalla rivista internazionale Neurology, attraverso cui si è scoperto che stimolare le attività “di cervello” nella popolazione, sin da bambini, puntando a conseguire un titolo di studio elevato, aiuta a prevenire l’Alzheimer.
Lo studio, la concentrazione, la lettura abituale corrispondono, in pratica, all’allenamento condotto quotidianamente dall’atleta per mantenersi in esercizio e garantire le proprie prestazioni in gara. Quel che mette in azione il cervello, adeguatamente stimolato, sono però le sinapsi: i collegamenti tra neurone e neurone indispensabili per buon funzionamento cerebrale. Ebbene, la ricerca ha dimostrato che anche quando la malattia ha già danneggiato una parte dei neuroni e delle loro connessioni, un cervello ben allenato si salva sfruttando quelle “di riserva”: non potendo utilizzare una sinapsi danneggiata dalla malattia, il cervello allenato ne utilizza un’altra di scorta, raggiungendo così egualmente il proprio obiettivo.
In Italia le persone affette da Alzheimer sono 500 mila. Ne soffre il 20% degli over 65. “Il nostro Paese è, tra gli stati europei, quello con il più alto tasso di popolazione anziana – sottolinea Daniela Perani, coordinatrice dello studio : purtroppo, è anche tra quelli con i le percentuali più alte di analfabetismo, compreso quello di ritorno. Ed è per questo che per ritardare l’esordio della malattia dobbiamo impegnarci a combattere l’analfabetismo, anche quello di ritorno, trovare i mezzi per favorire la lettura e stimolare le attività intellettuali nella popolazione e non solo in quella anziana: queste sono solo alcune delle strade che possiamo percorre per combattere, sin da bambini, la malattia.”
La ricerca è durata 14 mesi e ha coinvolto oltre 300 pazienti affetti da Alzheimer e altri 100 anziani con lievi disturbi della memoria. I soggetti avevano diversi livelli di istruzione (dal titolo della scuola dell’obbligo alla laurea) e svolgevano varie professioni, dalla casalinga al manager. Alcuni erano disoccupati. Valutando il loro stato di salute, i ricercatori si sono resi conto che chi possedeva un grado di istruzione maggiore o un’attività occupazionale più elevata e intellettualmente più intensa manifestava i sintomi dell’Alzheimer più tardi rispetto agli altri.
Ciò nonostante la malattia avesse già danneggiato i neuroni e le sinapsi di tutti i pazienti, condizione che normalmente è causa dei terribili sintomi della malattia, tra cui la perdita di memoria che si manifesta come incapacità di ricordare volti, nomi e perfino gli avvenimenti della giornata. Tuttavia, per esempio, un medico era in grado di nominare un oggetto con più facilità rispetto a una casalinga o ad un operaio.

Alessandro Giuliani

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