Continuano i disagi di docenti e studenti causati dal forte caldo che sta attanagliando le scuole italiane, soprattutto al Sud. A La Repubblica hanno detto la loro alcuni docenti e studenti di alcune scuole pugliesi.
In un istituto sono svenute, a causa del caldo, alcune ragazze. Gli alunni hanno dovuto attrezzarsi con ventilatori portatili e ventagli. La dirigente ha così deciso di ridurre di un’ora le giornate di lezione. “Siamo stanchi, siamo distrutti”, ha detto un alunno.
“I ragazzi lamentano difficoltà di concentrazione”, ha affermato la vicepreside di un’altra scuola. Un altro preside ha detto: “Con tutti i locali climatizzati la scuola può essere davvero funzionale dodici mesi all’anno”. Ma è davvero questa la soluzione?
Le scuole nella morsa del caldo
Questa situazione per molti è insostenibile e sono molti i fatti di cronaca relativi all’eccesso di caldo e umidità nelle aule scolastiche di cui si ha notizia in questi giorni: la dirigente scolastica di una scuola di Foggia ha deciso di anticipare la chiusura dell’istituto scolastico, considerate le temperature oltre i 30 gradi.
Dei problemi si sono riscontrati anche in Sicilia: il 21 settembre una docente di educazione motoria di una scuola del capoluogo siciliano ha perso i sensi per il troppo caldo. Il sindaco di Capaci, Pietro Puccio, ha disposto con un’ordinanza la chiusura delle scuole dopo l’allerta della protezione civile regionale. A Balestrate e a Trappeto è stata disposta l’uscita anticipata dalle scuole di due ore. Gli studenti di altri istituti sono tornati a casa dopo tre ore di lezioni, in modo da non dover rimanere in classe negli orari in cui il caldo raggiunge il picco. Sempre a Palermo, in altri due licei, i presidi hanno deciso di anticipare l’uscita alle 11. In altre scuole dove è previsto dall’inizio dell’anno scolastico l’orario completo, gli studenti si sono rifiutati di entrare in classe.
Il sondaggio
La Tecnica della Scuola vuole raccogliere l’opinione dei propri lettori sulla tematica, chiedendo se è il caso di posticipare l’inizio dell’anno scolastico di qualche settimana a settembre.
Fermo restando che, comunque, i 200 giorni minimi, previsti della normativa, vanno comunque sempre garantiti: pertanto, qualora le lezioni dovessero iniziare nella seconda o terza decade di settembre, viene da sé che terminerebbero più tardi rispetto alle attuali date, quindi nella seconda parte di giugno (quando la “morsa” del caldo non è certo minore di quella di settembre). Con l’inizio degli Esami di Stato da fare quindi slittare ad inizio luglio, anziché, come avviene oggi, attorno al 20 giugno. Un’altra opzione potrebbe essere quella di ridurre le interruzioni didattiche previste durante l’anno scolastico, ad esempio riprendendo le lezioni post-natalizie il 2 gennaio anziché il 7 subito dopo l’Epifania.
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Posticipare la riapertura delle scuole è la soluzione?
Ma posticipare la riapertura delle scuole di qualche settimana può essere davvero una soluzione? Il dubbio è pertinente.
Spesso in questi casi si tende a dare opinioni “di petto” senza considerare alcuni aspetti. Come abbiamo già scritto sopra, i giorni di attività didattica, duecento, non possono certo essere ridotti: riaprire dopo potrebbe significare quindi sacrificare le vacanze natalizie o pasquali almeno di qualche giorno, o terminare le attività dopo, a estate iniziata, e svolgere, magari, gli esami di fine ciclo scolastico a inizio luglio.
A meno che non cambi la normativa sulla quantità minima di offerta formativa indispensabile per la validità dell’anno scolastico.