Si sta allargando a macchia d’olio il caso degli alloggi dei custodi delle scuole occupati spesso da persone che non ne hanno titolo. La questione era esplosa un paio di settimane fa a Roma, a seguito dell’ennesima segnalazione fatta dalla stampa nazionale e di cui ci eravamo anche noi occupati.
Il Corriere della Sera ha stimato che vi siano centinaia di alloggi occupati abusivamente, riferendosi proprio alle abitazioni che un tempo erano legittimante assegnate ai custodi delle scuole. Con il tempo, però, questa figura professionale è sparita, sostituita progressivamente da quella del collaboratore scolastico al quale, contrattualmente, non spetta l’uso dell’alloggio. Ancora oggi, vi sarebbero 500 vecchie “custodie” occupate solo nella capitale. E tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni hanno tentano, invano, di ottenere la restituzione dei locali.
In diversi casi queste abitazioni non sarebbero utilizzate neppure dagli ex collaboratori scolastici (molti sono ormai in pensione da tempo o sono addirittura deceduti), ma dai loro “eredi”.
In realtà, il problema riguarda non solamente la capitale ma anche altre città italiane, dove le amministrazioni comunali non sono ancora riuscite a farsi restituire i locali.
Nelle ultime ore, a Roma, del problema si è interessata persino la prefettura che ha scritto ad alcuni dirigenti scolastici ribadendo che i locali sono di proprietà pubblica e che chi li sta utilizzando non ha alcun titolo per farlo. Fra diversi casi ha fatto rumore quello che vede coinvolto il segretario regionale della Flc-Cgil, dipendente come collaboratore scolastico presso il prestigioso liceo Righi della capitale e distaccato presso il sindacato da molti anni.
Il clamore mediatico che ha suscitato il caso (negli ultimi giorni sono stati realizzati anche dei servizi e delle inchieste televisive) sta mettendo in fibrillazione la stessa Confederazione di Maurizio Landini.
C’è chi sostiene, però, che sulla questione degli immobili scolastici occupati possa intervenire addirittura il ministero dell’Istruzione e del Merito, proprio perché il problema ha assunto rilevanza nazionale e non è ormai più circoscritto alla sola capitale. E arrivati a questo punto, non si può escludere che la vicenda finisca sotto la lente della autorità giudiziaria.