Dopo i terribili giorni di allerta rossa e di alluvione in Emilia-Romagna, l’Ufficio Scolastico Regionale, ieri sera, 22 maggio, ha diramato una nota in cui si cerca di fare il punto della situazione nelle scuole della regione e di dare un segnale verso la ripartenza con delle indicazioni.
L’Usr Emilia-Romagna ha paragonato la situazione tragica in cui si trova il territorio a quella conseguente al terremoto del 2012. “Come nel 2012. Ma non come allora. A undici anni dal terremoto, un’altra parte del nostro territorio devastata. Tante spiegazioni ci vengono date da meteorologi, geologi, climatologi ed esperti vari. Continua il “rumore di fondo”, il chiacchiericcio che non si riesce ad evitare neppure di fronte alla tragedia, per fare silenzio e com-prenderla. Nell’immanenza una cosa sola va fatta: aiutare, mettersi al fianco, sostenere”, così inizia il documento.
“All’immediatezza del soccorso e del salvataggio si affianca la domanda, personale e di tutti. Cosa fare ora? Cosa fare per l’avvio del prossimo anno scolastico? Cosa fare nei prossimi anni? Ma, prim’ancora, qual è la situazione delle scuole?”, questo si chiede il direttore generale Stefano Versari.
Ecco i dati forniti dall’Usr:
I “problemi” alla riapertura delle istituzioni scolastiche potrebbero essere riconducibili a tre categorie “macro”:
“Nell’affronto di questi problemi, occorre che ogni scuola individui le modalità per raggiungere bambini e ragazzi più fragili e quelli con disabilità in primo luogo. Per questi, la perdita dell’orizzonte quotidiano può essere ancora più drammatica che per gli altri. È preminente rilevare quanti abbiano perso casa o anche solo materiali e strumenti per studiare, sostenerli e mantenerli in contatto con i compagni.
Tanti che fanno scuola stanno soccorrendo, aiutando, sovvenendo. Ma a sua volta la Scuola, in quanto tale, ha bisogno di protezione. Ed ecco che – forse – l’esperienza del terremoto del 2012 ci può venire in aiuto. La convinzione che maturò diffusamente fin dai primi giorni fu quella, prima di tutto e prima possibile, di ricominciare ad “andare a scuola”. Perché gli studenti stessero insieme fra loro, “gomito a gomito”, quanto più possibile. Per questo furono con ogni urgenza sistemati e riaperti i (pochi) locali agibili o con minimi danni. Reperiti altri locali. Montate tende per fare lezione all’aperto. Questo il primo compito della scuola, anche in questa situazione.
Con il Covid-19 fu diverso. Non era possibile stare ‘gomito a gomito’. Era esattamente il contrario. Si doveva ‘stare lontani’, a distanza di sicurezza. Il ricorso al digitale fu la migliore soluzione possibile per non lasciare soli milioni di studenti e famiglie, confinati all’interno delle loro abitazioni. La situazione attuale è dunque più logicamente riconducibile all’esperienza del terremoto. Del ‘gomito a gomito’ abbiamo bisogno. Prima di tutto e se possibile. La necessità di socializzazione degli allievi motiva ogni sforzo perché il servizio educativo di istruzione e formazione continui in presenza, con il concorso della comunità di riferimento, anche in luoghi altri rispetto agli edifici scolastici o all’aperto.
L’obiettivo da realizzare quanto prima è quello di ritrovarsi a scuola, ‘gomito a gomito’. Pertanto, come condiviso con l’Assessore regionale alla scuola Paola Salomoni, non appare opportuno in questa fase ricorrere a forme generalizzate di didattica digitale integrata o a distanza. È invece necessario, in presenza di specifiche e motivate situazioni (ad esempio, per gli studenti impossibilitati a recarsi a scuola per interruzione della viabilità) attivare risposte personalizzate e flessibili, anche con l’utilizzo di strumenti e risorse digitali”.
Il documento ha poi richiamato la nota del 6 febbraio 2012, n. 1513: “Le assenze degli studenti imputabili alla grave situazione meteorologica in corso possano rientrare nelle deroghe previste dalle norme sopra richiamate e non pregiudicare la possibilità di procedere alla valutazione degli studenti interessati. Al ricorrere di queste situazioni si deve ritenere che è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico, anche se le cause di forza maggiore, consistenti in eventi non prevedibili e non programmabili, abbiano comportato, in concreto, la discesa dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200, per effetto delle ordinanze sindacali di chiusura delle scuole”.
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