Il Rapporto 2019 sulla condizione occupazionale e formativa dei diplomati di scuola secondaria di secondo grado, realizzato da AlmaDiploma e dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, fotografa le scelte compiute dai diplomati dopo l’esame di stato.
La rilevazione, svolta nell’autunno 2018, ha riguardato oltre 47.000 diplomati del 2017 contattati ad un anno dal termine degli studi e 37.000 diplomati del 2015 contattati a tre anni dal diploma.
Università o lavoro dopo il diploma
Ad un anno, il 66,8% dei diplomati del 2017 prosegue la propria formazione e risulta iscritto ad un corso di laurea (il 51,1% ha optato esclusivamente per lo studio, il 15,7% ha scelto di frequentare l’università lavorando); il 19,8% ha invece preferito inserirsi direttamente, ed esclusivamente, nel mercato del lavoro, tanto che ad un anno dal titolo si dichiarano occupati. La restante quota, infine, si divide tra chi è alla ricerca attiva di un impiego (8,3%) e chi invece, per motivi vari (tra cui la formazione non universitaria, motivi personali o l’attesa di chiamata per un lavoro già trovato), non cerca un lavoro.
Il rapporto AlmaDiploma, inoltre, rivela che i ragazzi che conseguono il titolo con una votazione più modesta tendono a presentarsi direttamente sul mercato del lavoro, senza proseguire ulteriormente la formazione.
Prendendo in considerazione coloro che lavorano solamente emerge che il differenziale occupazionale ad un anno dal titolo è pari a 10,6 punti percentuali: risulta esclusivamente impegnato in attività lavorative, infatti, il 14,7% dei diplomati con voto alto e il 25,3% di quelli con voto basso. A tre anni le quote di quanti lavorano solamente sono rispettivamente 18,3% e 31,6%, con un differenziale di 13,3 punti percentuali.
Se l’impegno in un’attività lavorativa pare essere caratteristica peculiare dei diplomati con voto più modesto, la prosecuzione degli studi è, all’opposto una scelta che coinvolge soprattutto i diplomati più brillanti: indipendentemente dalla condizione lavorativa, infatti, risultano iscritti all’università nella misura del 75,6% (rispetto al 57,1% di quelli con voto basso).