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Almalaurea: donne, dopo il titolo pensate ai figli

Più che un regalo è sembrato un incitamento alla procreazione. Ci riferiamo alla scelta del consorzio universitario AlmaLaurea di comunicare, proprio nella giornata della festa delle donne, un dato per molti sorprendente: in base ad un vasto studio nazionale, condotto dai ricercatori del consorzio, è emerso che posticipare la scelta di avere figli o rinunciare alla maternità sarebbe un sacrificio (lavorativamente parlando) quasi sempre inutile. Le maggiori possibilità di carriera rimangono, infatti, quasi sempre riservate ai maschi. E non c’entra la presenza dei figli: perché a ricoprire ruoli di maggiore prestigio sarebbero proprio maschi con prole a carico.
L’analisi è  stata raccolta nel volume ‘XI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati’, edito da Il Mulino, a firma dell’economista Eliana Baici(Università del Piemonte orientale) e del sociologo Guido Maggioni(Università di Urbino), e riguarda le laureate del 2003 intervistate a uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, quindi nel 2004 e 2008.
Se è vero, infatti,  sono le laureate senza figli ad ottenere ritorni maggiori di quelle con figli (le prime lavorano di più, guadagnano di più, anche se non molto, 1.195 euro contro 1.132) e sono più soddisfatte del lavoro svolto, entrambi i raggruppamenti (con o senza figli) difficilmente arrivano a ricoprire posizioni di responsabilità: “le donne, con o senza figli – sottolineano i curatori della ricerca AlmaLaurea – non svolgono mansioni di coordinamento di altre persone“.
È dal confronto fra generi che emerge, invece, una sensibile differenza: dal 2003 al 2008 i laureati con maggiore responsabilità lavorativa sono stati rappresentati dal 56% da uomini senza figli, contro il 41% delle donne senza figli. Ma la categoria “vincente” risulta essere quella dei laureati maschi con figli: guadagnano più di tutte le altre (a cinque anni dalla laurea vedono aumentare lo stipendio del 43%) e ritengono in misura maggiore che il guadagno sia adeguato alla posizione lavorativa ricoperta, anche dei colleghi maschi senza figli. Gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile (46% contro il 35%) e su una busta paga più elevata. Il risultato è che “ ad un anno dalla laurea specialistica biennale, le differenze fra uomini e donne in termini occupazionali risultano significative: 10 punti percentuali. Lavorano 58 donne e 68 uomini su cento. Le donne – si legge nel rapporto finale – risultano meno favorite anche perché si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: il tasso di disoccupazione è infatti pari al 14%, praticamente il doppio rispetto a quello rilevato per gli uomini (7%)“. Sempre “ad un anno dalla laurea – spiega AlmaLaurea – gli uomini guadagnano il 25% in più delle donne (1.312 euro contro 1.053); le differenze di genere sono confermate all’interno di ciascun gruppo disciplinare, in particolare nel giuridico dove gli uomini guadagnano ben il 44% in più delle colleghe“.
Eloquenti le conclusioni del consorzio universitario: “posticipare la maternità – hanno detto Baici  e Maggioni – rappresenta di fatto una scelta in cui il rischio di non avere i figli che si desiderano supera il rendimento che le donne possono realisticamente pensare di conseguire nel mercato del lavoro“.
Alessandro Giuliani

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