Perché i tagli orari e di risorse all’alternanza scuola lavoro sono stati introdotti già nell’anno in corso? Perché l’operazione risparmio, che farà confluire le economie derivanti dai tagli su altri capitoli scolastici, verranno sottratte anche alle attuali classi quinte terminali delle scuole superiori? A chiederlo non sono i dirigenti, i docenti e i sindacati, ma i tecnici di Camera e Senato all’interno del dossier del servizio studi sulla legge di bilancio.
Secondo i tecnici delle due Camere, la decisione di più che dimezzare l’orario del triennio e di cancellare, di conseguenza, circa 50 milioni di euro di finanziamenti alle scuole, prevista nella manovra economica, andrebbe a precludere i tanti progetti e le convenzioni scuola-azienda già avviate.
Nel dossier scrivono che bisogna “valutare se la previsione” relativa alle nuove misure sull’alternanza scuola-lavoro “possa interferire con l’autonomia delle istituzioni scolastiche”.
Sempre nero su bianco, gli esperti di economia rafforzano il concetto: quello di introdurre una modalità di abbandono graduale del vecchio modello.
“Occorrerebbe, altresì valutare l’opportunità di definire una disciplina transitoria che regoli i rapporti convenzionali in corso per l’anno scolastico 2018/2019”.
Il problema sollevato dai tecnici di Camera e Senato appare sensato: la decisione del Governo, prevista dalla legge di bilancio, non ha infatti tenuto conto degli accordi in essere che diverse scuole avevano avviato nel 2016, quando si è avviata la riforma dell’alternanza scuola-lavoro prevista dalla Legge 107/15, e che nel prossimo giugno sarebbero giunti a conclusione.
Ora, però, si dice alle scuole che l’ultimo dei tre anni si potrebbe anche non attuare. Oppure ogni istituto, se vorrà completare il percorso, dovrebbe farlo a proprie spese?
Molto severo è il giudizio della senatrice Simona Malpezzi (Pd), tra i promotori della Buona Scuola: “Questi dilettanti allo sbaraglio – dichiara – che speravano di prendersi le risorse dell’alternanza per compensare parte della loro manovra a debito, dovranno rivedere i loro piani. Altrimenti si assumeranno la responsabilità, non solo di aver sottratto agli studenti strumenti per migliorare le loro competenze, ma anche di mettere in seria difficoltà le istituzioni scolastiche che dovranno gestire la fase transitoria”.
“Il governo anche in questo caso – dice ancora la senatrice Malpezzi – avrà coraggio di gridare il suo proverbiale “me ne frego”? Perché qui non si tratta di andare contro i cattivoni anti-governativi sparsi ovunque ma contro le scuole che non meritano di essere trattate in questo modo indegno”.
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