La spinta della Legge 107/15 allo sviluppo dell’alternanza scuola-lavoro ha determinato un boom di imprese formative simulate negli istituti superiori.
Oggi si contano ben 1.220 progetti, sparsi per il territorio nazionale. I numeri, aggiornati a pochi giorni fa, sono stati resi pubblici il 13 maggio a Roma da Liliana Borrello, ex ispettore tecnico Miur ed oggi impegnata con il consorzio formativo Confao, nel corso della tavola rotonda “L’opzione pubblicitaria nei servizi commerciali” svolta all’istituto Confalonieri-De Chirico che ha svolto la gara nazionale degli studenti di grafica.
A favorire l’alto numero di adesioni ai progetti di imprese simulate è stato l’obbligo, introdotto con la Buona Scuola, di raddoppiare il numero di ore di tirocinio degli istituti tecnici e professionali, oggi arrivato a quota 400, e di introdurne 200 nei licei.
“Le simulazioni d’impresa permettono di lavorare attraverso la cosiddetta ‘didattica laboratoriale’, che rende i ragazzi più consapevoli e responsabili”, ha detto la dirigente scolastica Nadia Petrucci.
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“Quello di creare delle aziende simulate a scuola è un modello sempre più utilizzato – ha tenuto a dire l’ex ispettrice Borrello – perché garantisce l’acquisizione di competenze che la stessa Unione Europea considera essenziali per lo sviluppo della cittadinanza attiva”.
Sono parte attiva del progetto, attraverso accordi e convenzioni, anche diverse regioni italiane: hanno aderito, tra le altre, la Lombardia, il Piemonte, le Marche, il Lazio, la Campania e la Sicilia.
“È fondamentale – ha proseguito Borrello – che i percorsi formativi, in chiave lavorativa, siano strutturati in rete: in questo modo, le scuole possono ‘parlarsi’ e conoscere le esigenze reciproche. L’impresa formativa simulata attiva, inoltre, delle strategie di marketing. Alcune scuole hanno svolto, a tal proposito, delle indagini preliminari, dei veri studi di mercato, mutando gradualmente le loro realtà imprenditoriali in aziende sempre più vere e meno simulate”.
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