Altro che risultati eccellenti e boom di numeri: l’alternanza scuola lavoro è un’attività formativa ancora lontana da risultati apprezzabili.
A sostenerlo sono i ricercatori di Cgil, Flc Cgil, Rete degli studenti medi e Fondazione Di Vittorio, che nello stesso giorno in cui al Miur presentavano un anno di attività dopo l’approvazione delle novità introdotte con la Legge 107/15, hanno presentato a Roma i risultati di un monitoraggio, svolto su un campione di 205 scuole di 87 province italiane.
Come da noi preventivato, le conclusioni sono opposte a quelle espresse a Viale Trastevere. Dal sondaggio risulta, infatti, che gli stage e lezioni formative, collegate alle aziende, si svolgono spesso d’estate (in 8 casi su 10), sulla base di offerte “occasionali” di soggetti privati (81% delle esperienze). E per 4 studenti su 10, questo genere di offerta formativa rischia di non essere di qualità.
A poco più di un anno dall’entrata in vigore della legge 107, risulterebbe anche che le scuole hanno mantengono non poche “difficoltà” nell’applicare la norma.
E questo, nonostante solo il 2% (4% al Sud) degli studenti obbligati a svolgere alternanza non sia stato inserito in questi percorsi: ciò che “preoccupa” è che l’80% abbia dovuto fare quest’esperienza, almeno in parte, nel periodo estivo (di questi il 17% esclusivamente in estate) quando le attività didattiche sono sospese. Questo, sostengono i ricercatori, è segno della “difficoltà a far quadrare i conti del monte ore obbligatorio”.
Sfiora quota 90%, riassume l’agenzia Ansa, il numero delle scuole che ha progettato i percorsi di alternanza (Asl) all’interno del Piano triennale dell’offerta formativa e circa il 70% dei ragazzi ha partecipato ad attività propedeutiche e ha realizzato un’esperienza di lavoro. Tuttavia “un consistente numero di esperienze è da considerare a rischio.
Per i ricercatori, “un ragazzo su 4 è fuori da percorsi di qualità: il 10% ha partecipato solo ad attività propedeutiche e il 14% solo ad esperienze di lavoro”.
L’81% delle scuole, inoltre, ha progettato percorsi Asl a partire da offerte di soggetti privati occasionali; ma anche nel caso di accordi, osservano le organizzazioni, prevale l’occasionalità (57%) e non la pluriennalità.
Il 90% dei percorsi si realizza in piccole (40%) o micro imprese (50%): un tessuto che “non aiuta il controllo della capacità formativa delle aziende”. “Grave”, dunque, “la mancata attivazione in tempi utili del registro nazionale delle imprese (oggi sono 400 le iscritte)” e la “non definizione” di “criteri e procedure di accreditamento della capacità formativa delle strutture ospitanti”.
In questo quadro, sottolineano i sindacati, le scuole si orientano sulla base delle proprie vocazioni curriculari: gli istituti tecnici verso le imprese (98%), i licei verso enti pubblici (91%). In generale, l’82,3% delle scuole ha sottoscritto convenzioni con imprese, il 75,9% con enti pubblici, il 58% con soggetti del Terzo settore, il 56% con enti privati.
Per i sindacati siamo in presenza di un modello organizzativo “ancora poco collegiale”. Se nella maggior parte dei casi (86%) gli istituti si sono dotati di un gruppo dedicato ai percorsi formativi e di un docente funzione strumentale per l’alternanza (60%), non è ancora attivo, ad esempio, un Comitato scientifico del territorio.
Inoltre solo il 14% dei collegi sceglie i tutor; nel 30% dei casi lo individua il dirigente scolastico e nel 56% le candidature sono volontarie.
Nonostante alcuni fattori positivi, concludono le organizzazioni, come ad esempio il docente funzione strumentale e l’impegno delle scuole, occorre “sviluppare co-progettazione con strutture ospitanti individuate sulla base di accordi territoriali stabili che coinvolgano attivamente istituzioni locali e parti sociali. Il mancato coinvolgimento di queste ultime appare uno dei punti più deboli di tutto il processo di attuazione dell’Asl obbligatoria”. Serve infine una Cabina di Regia Nazionale e l’adozione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro.
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