Nelle scuole superiori sta presentando più di qualche problema il potenziamento delle attività scuola-lavoro previste dal comma 33 della Buona Scuola.
Soprattutto nei licei e al Sud, gli istituti trovano difficoltà ad organizzare gli stage. Anche quando le aziende sono disponibili ad accogliere gli studenti, i tutor scolastici fanno spesso fatica a trovare una sede. Perché i periodi richiesti delle scuole si accavallano: il “posto” risulta quindi occupato.
Ecco, che allora spunta l’idea di spostare nei mesi estivi le date di svolgimento del periodo di formazione in “loco”.
Quella di anticipare o posticipare (rispetto alle lezioni) l’attività di alternanza all’estate “è una possibilità, se è una scelta condivisa ed efficace non ho obiezioni. Basta sapere quali sono i fini didattici della scelta“, ha detto anche il ministro dell’istruzione, Valeria Fedeli, nel corso di un’intervista realizzata per Repubblica da alcuni studenti che partecipano a un’iniziativa pilota promossa dal quotidiano.
Del resto, l’eventualità di svolgere l’alternanza in estate è prevista anhe dal comma 35 della Legge 107/15, il quale prevede che “l’alternanza scuola-lavoro può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche secondo il programma formativo e le modalità di verifica ivi stabilite nonché con la modalità dell’impresa formativa simulata”.
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Rimane, tuttavia, il problema di chi segue gli studenti nel periodo estivo. Alle superiori, infatti, un alto numero di docenti è impegnato negli esami di maturità: una percentuale non indifferente viene anche spostata anche in altre scuole, perché nominati come presidenti o commissari esterni.
Poi, sempre d’estate, ci sono le ferie da fruire. E anche i periodi di chiusura delle aziende da mettere in conto.
Alcuni istituti hanno ovviato il problema concentrando le attività ad inizio settembre, quando il corpo insegnante è quasi al completo.
Il problema, però, sembra che sia anche relativo alle aziende. Che non sembrerebbero gradire i giovani liceali, privi di competenze professionali.
Su questo punto, tuttavia, sul fatto che le imprese preferirebbero studenti da istituti tecnici e professionali piuttosto che da licei, Fedeli sembra non essere d’accordo: “Le aziende che preferiscono questo genere di conoscenze cercano professioni medie e istantanee, la formazione di un liceo può offrire possibilità lavorative più ampie. Nel mondo anglosassone si sta discutendo molto di questo e ci invidiano i licei“.
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Riguardo, invece, alla riluttanza ad aderire alle richieste da parte delle realtà lavorative del Meridione, il ministro ammette: “è un problema reale“, probabilmente “dovuto anche alla diversa presenza di imprese tra Centro-Nord e Sud. È già stata prevista tuttavia la possibilità di svolgere l’alternanza in sedi pubbliche, e pensiamo di aprire anche ai beni culturali, come biblioteche, musei, archivi“, ha detto ancora responsabile del Miur.
Che poi ha concluso parlando di come il processo si stia evolvendo: “Il passaggio dalla fase sperimentale a quella strutturale è positivo, sia per numero di ore, virtuoso rispetto al resto d’Europa, sia per risorse investite. Anche l’aumento del numero di ragazzi e scuole partecipanti – ha concluso Fedeli – è incoraggiante, ma è un fenomeno che si dovrà consolidare e nel tempo”.