Ospite degli studi di Skuola.net, il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, ha parlato dell’alternanza scuola/lavoro.
“Per circa 50 anni in questo Paese abbiamo tolto ogni riferimento al mondo del lavoro nel percorso scolastico – sottolinea Toccafondi – attualmente però abbiamo 2.5 milioni Neet (ragazzi che non studiano e non cercano lavoro) e il tasso di abbandono scolastico è attorno al 15%. Nei professionali, in alcune zone d’Italia si arriva al 30%”. Una tendenza che va assolutamente invertita. Anche perché, parallelamente, qualcosa si muove: “Sono circa 60mila le aziende che cercano lavoratori da inserire subito ma non li trovano perché avrebbero bisogno di professionalità e competenze ben definite. Tutti i Paesi europei hanno un’esperienza concreta nel percorso scolastico. Noi siamo ancora indietro”.
Uno degli obiettivi dell’alternanza scuola lavoro è proprio quello di far avvicinare l’uscita dal mondo della scuola e l’ingresso in quello del lavoro. “Vogliamo fare entrare questo dialogo con la realtà – prosegue Toccafondi – perché ritentiamo che faccia bene agli studenti”. Anche se poi l’alternanza rimane scuola a tutti gli effetti. Un punto delicato che ha richiesto una profonda riflessione: “Non abbiamo voluto stravolgere l’impianto del sistema istruttivo. Storia, matematica e geografia continueranno ad esserci – ribadisce Toccafondi – Vogliamo però che il ‘saper fare’ torni ad accompagnare il sapere puro. Bilanciare la pratica senza far venire meno la parte teorica. Non dobbiamo ritornare alla scuola tecnica del dopoguerra e neanche svendere la scuola alle aziende. Vogliamo solo far fare esperienza ai ragazzi”.
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Un passaggio così importante da essere stato inserito anche all’interno della Maturità del futuro, quella che partirà nel 2019. “L’alternanza – dice ancora Toccafondi – è scuola a tutti gli effetti, quelle ore non devono essere perse, devono essere inserite (anche) durante le ore di scuola. Un momento da valutare e il momento di valutazione massima è proprio la maturità”. Molti ragazzi si lamentano del fatto che stanno svolgendo il tirocinio ma che questo alla fine non sarà valutato, lo considerano una perdita di tempo. Ma il Sottosegretario rassicura anche loro: “L’esperienza resta nel curriculum”.
Certo, ci sono ancora molte cose da migliorare, non mancano le ombre. Ma i problemi vanno affrontati senza per questo tornare al punto di partenza. “Le scuole non hanno avuto problemi a comprendere che essendo a scuola a tutti gli effetti andava fatta bene. La problematica maggiore riguarda la risposta, i soggetti che accolgono, le aziende: o si aprono più porte o difficilmente si potrà accontentare il milione e 400mila ragazzi che l’anno prossimo si dovranno cimentare con l’alternanza”.
Per incentivare le aziende, il Miur ha pensato di coinvolgere anche le piccole e medie aziende, quelle che trovano più difficoltà ad accogliere i ragazzi per ragioni strutturali, prevendendo “percorsi di alternanza in filiera, con la possibilità di unirsi (fino a un massimo di cinque) per avviare percorsi di alternanza con un tutor unico”.
Il tutor – scolastico e aziendale – è una figura centrale per dare un’accelerazione decisiva al processo, per avere un costante feedback dai ragazzi su ciò che va e ciò che non va: “Chi ha difficoltà deve comunicarlo ai professori e ai dirigenti scolastici. Se un’esperienza di alternanza non va bisogna saperlo per regolarsi di conseguenza e capire dove sono le zone d’ombra. Deve essere un’esperienza utile ai ragazzi. Bisogna remare tutti dalla stessa parte. Dire di aver svolto l’alternanza non significa averla fatta bene. Se l’alternanza non funziona la scuola deve attivarsi per trovare una nuova azienda. Altrimenti resta un’opera incompiuta”.
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