Il ministro dell’istruzione Fedeli ha affermato: “L’alternanza scuola-lavoro è uno dei punti più innovativi della riforma della Buona Scuola per venire incontro all’esigenza di formare i giovani anche con specifici percorsi extra-scolastici per creare un bagaglio di competenze finalizzate a un inserimento consapevole nel mondo del lavoro”.
“Formare i giovani anche con specifici percorsi extra-scolastici” è la chiave di lettura. Ne deriva la configurazione di due mondi separati, conferma e rinforzo della visione parcellizzata di scuola di cui è infarcita la legge 107/2015; visione che congligge con la “progettazione che sostanzia l’autonomia scolastica”.
Il sistema scuola è orientato alla formazione, all’educazione e all’istruzione: le capacità dei giovani sono il fulcro della vita scolastica [legge 53/2003], traguardo cui tutti gli insegnamenti devono convergere.
In questo quadro era da collocare il rapporto con il mondo del lavoro. Alle aziende si dovrebbe chiedere: gli studenti possiedono le qualità e le conoscenze necessarie per dominare situazioni per loro sono ignote? Il lavoro delle scuole è efficace?
L’azione del governo e, di riflesso del parlamento, è viziata dall’assenza di cultura sistemica: sono state privilegiate le singole parti a detrimento della visione d’insieme.
Avrebbero avuto successo le imprese spaziali in assenza di metodiche di progettazione che portano a unità le molteplici e diverse attività?
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