Nel sito web del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) è scritto: “L’Alternanza scuola-lavoro è una modalità didattica innovativa, che attraverso l’esperienza pratica aiuta a consolidare le conoscenze acquisite a scuola e testare sul campo le attitudini di studentesse e studenti, ad arricchirne la formazione e a orientarne il percorso di studio e, in futuro di lavoro, grazie a progetti in linea con il loro piano di studi.
L’Alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutte le studentesse e gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi, è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015 (La Buona Scuola) in linea con il principio della scuola aperta. Un cambiamento culturale per la costruzione di una via italiana al sistema duale, che riprende buone prassi europee, coniugandole con le specificità del tessuto produttivo ed il contesto socio-culturale italiano”.
Edgar Allan Poe (Boston, 19 gennaio 1809 – Baltimora, 7 ottobre 1849) perse, giovanissimo, entrambi i genitori. Finì a studiare in un collegio assai prossimo a un cimitero. Agli alunni del collegio era richiesto, nel pomeriggio, di dare una mano a scavare le fosse per i defunti. Insomma: una sorta di “alternanza scuola-lavoro” ante litteram. Che dire? Un’esperienza certamente utile alla formazione culturale e artistica del grande scrittore statunitense, considerato il padre della moderna letteratura dell’orrore. Dunque? Riflettano, dunque, i nostri studenti prima di contestare. “Non tutti i mali vengono per nuocere”, recita un antico proverbio nostrano.
Leandro Janni
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