Ci sono tristi aggiornamenti sul caso della quindicenne che ieri, nell’Ennese, si è impiccata nella casa di campagna di famiglia, si pensa a causa di un malessere legato alla diffusione di sue foto tra le chat di compagni. Gli inquirenti stanno battendo infatti la pista del revenge porn, indagando per istigazione al suicidio.
Pare, come riporta Fanpage, che ieri, 6 novembre, la ragazza si trovasse a scuola e avesse avuto un scontro molto acceso con una compagna di classe durante l’intervallo. Le due avrebbero discusso proprio di queste foto incriminate.
Dopo qualche spintone e scambio di parole forti, le due sarebbero tornate ai propri banchi. La 15enne, però, avrebbe chiesto agli insegnanti di chiamare a casa, dicendo di non sentirsi bene. In seguito sarebbe uscita da scuola prima della fine delle lezioni.
“Era una ragazza solare. Era arrivata lo scorso anno da Milano, e il suo rendimento scolastico era ottimo”, racconta la dirigente scolastica. “La scuola oggi è turbata e incredula. Io stessa, quando ho appreso la notizia, non riuscivo a crederci. Il nostro istituto è come una famiglia. La ragazza viene descritta dai suoi insegnanti come serena, vivace, ben integrata in classe e con un ottimo rendimento. Inoltre, abbiamo uno psicologo al quale gli studenti possono rivolgersi. Perché non ha chiesto aiuto?”, si chiede.
Proprio in questi giorni si parla moltissimo di bullismo, soprattutto dopo il caso di Senigallia e quello del Ragazzo dai Pantaloni Rosa. In entrambi i casi i protagonisti delle storie, sempre adolescenti, si sono tolti la vita perché vessati dai compagni.
Cosa fare per contrastare il bullismo? Ecco cosa ha detto, in diretta ai microfoni della Tecnica della Scuola, la scrittrice e docente Stefania Auci: “Sarebbe importante ascoltare la voce dei docenti. La famiglia ha il dovere di essere nella vita dei ragazzi ma non può immischiarsi nella didattica, non è il suo compito e neanche nelle attività di formazione e di ‘punizione’ a scuola. A scuola vigono delle regole che non possono essere messe in discussione. La scuola deve rappresentare la certezza. Non significa che deve trasformarsi in filiale dello stato di polizia. La scuola deve rappresentare con fermezza e serenità il recinto entro cui i ragazzi possono muoversi e imparare la convivenza civile, che significa limitare il bullismo e lavorare sul rispetto, sull’affettività, sull’educazione sessuale, di genere, sui principi morali, la cittadinanza. La cittadinanza passa dalle piccole cose, dal rispettare il banco, la maniglia della porta del bagno”.
“I ragazzi di 15-16 anni sono molto più crudeli di quanto pensiamo. Ma lo sono in maniera inconsapevole. Sono crudeli perché ritengono di non offendere. Non si rendono conto che una battuta cinica può avere il peso di una fucilata. C’è il bisogno di affermare la propria personalità, di sentirsi adulti e riconosciuti dai pari. Ci sono ferite psicologiche che magari queste persone portano addosso e non riescono a scaricare la propria rabbia. L’adolescenza è un campo di battaglia, tutti ne escono con i cerotti e con i pugni. Spesso si inizia a curare un soggetto affinché cambi il suo comportamento e gli lo cambino a ruota. Cambiare il singolo significa cambiare l’ambiente, smontare le dinamiche”, queste le sue parole.
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