Alunni

Alunna ammessa in prestigioso ateneo Usa: “A mia madre bastava prendessi sei. Io amavo i libri, i miei compagni il telefono”

Una studentessa brillante con il sogno di sconfiggere il cancro: si tratta di una 19enne originaria di Verona che è riuscita a farsi ammettere alla prestigiosa California Institute of Technology (Caltech). La giovane ha superato i test per entrare in 19 università tra Stati Uniti e Regno Unito ed è stata premiata dal presidente Sergio Mattarella tra i migliori studenti italiani, al liceo aveva la media del 10.

“Mia mamma voleva solo la mia felicità”

Come riporta La Repubblica, si tratta della prima italiana undergraduate alla Caltech e l’unica europea tra i 220 studenti selezionati quest’anno su 16mila candidature. Sta frequentando una doppia laurea in biologia e chimica. Sveglia alle 6, a cavallo tutti i giorni, dalle 8 alle 12 in aula, dalle 14 alle 17 nei laboratori, alle 17 inizia a studiare: ecco la sua giornata tipo. Il lunedì volontariato, insegna chimica e matematica agli studenti delle scuole superiori, il weekend alle gare. Ha pubblicato Genetics of Races, La genetica delle razze, un libro di scienze sociali dedicato alle mutazioni e ai tumori. Ha creato un sito dedicato ad aiutare gli studenti a fare il suo stesso percorso.

Ma come è riuscita ad arrivare a questi risultati? La ragazza non nasconde il suo impegno e i suoi sacrifici: “La vita è fatta di rinunce. Ho rinunciato al tempo per me, alle mie amicizie, alla mia vita sociale. Ma non cambierei nulla di quello che ho fatto. Con meno fatica avrei ottenuto gli stessi risultati? Non lo so. Preferisco essere un razzo con i paraocchi e continuare ad andare avanti”.

“Durante una lezione di genetica, la nostra professoressa di chimica ha iniziato a spiegare il DNA. In quel momento ho capito qual era la mia missione: scoprire perché il DNA muta. La genetica è come una danza perfetta, in cui il DNA si replica, si duplica. A volte però questa perfezione si interrompe. Un errore, un altro errore, un altro ancora. La cellula muta. E le mutazioni causano il cancro. La danza diventa imperfetta, va capita e riparata. Seduta alla mia scrivania ho deciso che avrei dedicato la mia vita a quella danza imperfetta, che un po’ mi assomiglia. Io sono piena di errori”, ha raccontato.

“Mia mamma voleva solo la mia felicità, mi diceva: ‘mi basta che prendi 6 a scuola’. E mi veniva a togliere la sedia per farmi smettere di studiare. Ancora oggi mi scrive: sto venendo a toglierti la sedia. Ho iniziato a preparare due piani. Il piano A: entrare nelle migliori università del mondo. Il piano B: entrare nelle facoltà di medicina italiane. Puntavo al top. Così quell’obiettivo è diventato la mia vita. Ho cominciato a fare 8.000 cose, perché per passare le application devi fare summer school, superare esami in inglese, fare volontariato e sport. Negli Usa non vieni valutata solo per i risultati scolastici. Il loro è un holistic approach: guardano chi sei, cosa fai, quali sono i tuoi obiettivi e la tua storia”.

I problemi relazionali in Italia

La giovane si è sentita sempre “quella strana”. “Trasferirmi così lontano da casa non è stato un cambiamento, ma una scoperta. Ho trovato il mio oceano. In Italia mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua, come se non appartenessi alla realtà che mi circondava. Mi sono sentita quella strana, quella sbagliata, per molti anni. Sono stata isolata, spesso nessuno mi rivolgeva la parola, è stato un periodo molto complesso per me. Mio padre mi diceva che i miei coetanei avevano paura ad avvicinarsi. Ma io non ero un mostro, ero una persona che amava i libri. Mentre loro amavano il telefono. E ora finalmente qui, in questa bolla di nerd, io mi sento compresa. Perché qui sono tutti come me”.

“Quando ero piccola, i miei genitori venivano sempre incolpati di farmi studiare troppo. Ma il più grande nemico di me stessa sono io. Mi sono messa troppi traguardi, incurante della fatica per raggiungerli. Mi spinge una passione forte, quasi un’ossessione, sento questa chiamata interiore che mi muove continuamente a dare il massimo. Quando leggevo tutti quei libri, alla fine c’erano sempre pagine piene di riflessioni. Leggevo di cure non trovate o in fase di evoluzione. Oppure di ricerche che mancavano. Io voglio scrivere quel capitolo finale. Guarda qui dietro, 4 sono i libri dell’università, tutti gli altri li prendo in biblioteca. Per cercare le risposte e scrivere quel capitolo finale”, ha concluso.

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Redazione

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