Una vicenda contorta e divisiva quella che ha come protagonista una liceale di 17 anni di Roma. Quest’ultima è stata bocciata dopo aver svolto un esame di riparazione insufficiente. La materia in questione, inglese, a quanto pare è l’unica in cui la studentessa ha riportato delle lacune: nella sua pagella infatti fioccano sette e otto. Sono in molti a credere che la bocciatura poteva essere evitata e che la docente di inglese avrebbe potuto chiudere un occhio alla luce delle buone valutazioni della ragazza nelle altre materie.
Giulia, 17 anni, iscritta al liceo delle Scienze umane “Giosuè Carducci”, è stata rimandata a settembre in inglese, come riporta Il Corriere della Sera. Il suo esame di riparazione non ha però convinto la professoressa, che ha deciso di bocciarla senza incontrare resistenza da parte degli altri colleghi. Giulia ha riportato un’insufficienza soltanto in inglese, ottenendo invece sette in italiano e in latino, e otto in matematica e in filosofia.
Questa bocciatura ha davvero scoraggiato la ragazza, che ha deciso inizialmente di abbandonare gli studi, per poi iscriversi ad un altro istituto, stavolta privato. “Si è messa anche a lavorare per contribuire a pagare la retta – racconta la madre della 17enne -. Andava bene in tutte le discipline di indirizzo, per questo non capiamo come il consiglio di classe non si sia opposto alla bocciatura. Durante l’anno è stata seguita da un tutor che l’ha preparata anche per l’esame di riparazione a settembre”.
Da questa faccenda si è generato un intenso dibattito: si deve bocciare anche per una sola materia insufficiente? Non si rischia di scoraggiare inutilmente gli studenti pregiudicando eccessivamente la loro carriera scolastica? Si deve considerare la buona volontà e l’impegno o soltanto i risultati ottenuti agli esami e alle verifiche?
“Ai miei tempi bocciavano anche per una materia – ricorda Anna Oliverio Ferraris, psicologa e scrittrice -. Valutare dall’esterno è molto difficile. Certo, se la prova non è stata disastrosa sembra strano. Al terzo anno avrebbero potuto darle la possibilità di approfondire, per rivalutare la situazione più avanti”. Massimo Ammaniti, psicoanalista, ha commentato così: “Si può essere così fiscali con una ragazza che ci tiene? Vuol dire che la scuola ha fallito. La valutazione è un fatto complesso, tiene conto di una serie di elementi: l’impegno, la partecipazione…non si può ridurre alla contabilità del ragioniere”.
“Mi trovo di fronte a molti adolescenti ai quali l’insegnante dà degli incapaci, come se il voto in una materia contenesse anche un giudizio sulla persona. È gravissimo, in questo modo si colpisce l’autostima…Gli insegnanti si dovrebbero interrogare”, ha concluso.
A esprimere perplessità è anche Valentina Marcaccini, docente di storia e filosofia all’Istituto Pio IX all’Aventino: “In casi analoghi, se gli altri voti sono buoni, una sola insufficienza di solito non porta alla bocciatura. Tra l’altro, al liceo delle Scienze umane l’inglese non è materia di indirizzo…E poi il triennio coincide sempre con una fase complicata per la crescita dei ragazzi, non si comprende perché gli altri docenti si siano allineati”.
Per Eraldo Affinati, scrittore e insegnante, “il voto non dovrebbe essere un’arma contundente. La valutazione andrebbe fatta a ingranaggi scoperti, scaricando di peso il giudizio. Questo non vuol dire abbassare gli obiettivi didattici, ma aumentarli. A scuola bisogna puntare sulla qualità della relazione umana, non mortificarla”. Benedetto Vertecchi, professore emerito di Pedagogia all’università Roma Tre, crede che bisogna analizzare meglio il fatto: “Così come viene raccontata la storia non sembra verosimile, a bocciare non è un solo docente ma il collegio…Tuttavia, un ragazzo a rischio per una materia sola ma con esiti positivi nelle altre meriterebbe attenzione”.
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