Non sempre la scuola risponde dei danni subiti dagli alunni nel periodo in cui si trovano all’interno dell’istituto scolastico. Illuminante è il caso affrontato dalla Cassazione, con ordinanza n. 15190 del 30 maggio 2023.
Una studentessa di 12 anni, uscita dall’aula per andare in bagno, era caduta dalle scale, riportando la frattura della tibia.
I genitori, richiamando la costante giurisprudenza in ordine alla “natura contrattuale” del rapporto che si instaura tra la famiglia e la scuola nel momento dell’affidamento del minore alla struttura scolastica, citavano in giudizio il Ministero dell’Istruzione – nonché la scuola-, chiedendo il risarcimento dei danni.
Com’è noto, in virtù della riconosciuta “natura contrattuale” della responsabilità, la scuola risponde sia del danno provocato all’alunno da terzi (ad esempio, compagni di scuola), sia del danno che l’alunno si “auto provoca”.
E’ appunto il caso affrontato dalla pronuncia in commento.
Esaminando il caso specifico, il Giudice ha osservato che “la minore non soffriva di patologie che ne riducessero l’autonomia e la capacità di deambulazione”.
Né erano emerse “situazioni obiettive idonee ad agevolare il prodursi dell’evento dannoso”. In particolare, nessuno aveva sostenuto ad esempio che i gradini fossero usurati o scivolosi.
In poche parole, la caduta era avvenuta per una disattenzione dell’alunna.
La responsabilità dell’istituto scolastico trova fondamento nella violazione dell’obbligo di vigilanza sulla sicurezza e sull’incolumità dell’allievo.
Tuttavia, nel caso in esame, proprio perché non erano state denunciate particolari condizioni di pericolosità dei luoghi, era da escludersi la violazione, da parte dell’istituto, del dovere di vigilanza.
La decisione del primo giudice è stata confermata sia dalla Corte d’appello che dalla Corte di Cassazione, per cui si tratta di una sentenza definitiva.
La pronuncia in commento appare particolarmente significativa perché in genere si ritiene che la scuola sia responsabile di qualunque incidente che si verifica all’interno dell’istituto (e non solo: anche nel cortile, negli spogliatoi della palestra e persino di fronte alla fermata dell’autobus).
In questo caso, la Corte di Cassazione ha condivisibilmente affermato che per stabilire una responsabilità è necessario individuare una colpa, non essendo ammissibile alcuna forma di responsabilità oggettiva.
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