Un altro suicidio di un adolescente: stavolta di tratta di una quindicenne di origini arabe, residente nell’Ennese, che si è impiccata nella sua casa di campagna. La procura ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio: si pensa sia stata vittima di revenge porn.
Come riporta Ansa, tra gli studenti della scuola frequentata dalla ragazza gira la voce, raccolta dagli inquirenti, che la giovane sarebbe stata oggetto di video o foto che circolerebbero nelle chat. La piccola si sarebbe trasferita da poco dal Nord Italia.
Gli inquirenti stanno ascoltando amici e compagni di scuola, parenti ed insegnanti.
Proprio in questi giorni si parla moltissimo di bullismo, soprattutto dopo il caso di Senigallia e quello del Ragazzo dai Pantaloni Rosa. In entrambi i casi i protagonisti delle storie, sempre adolescenti, si sono tolti la vita perché vessati dai compagni.
Cosa fare per contrastare il bullismo? Ecco cosa ha detto, in diretta ai microfoni della Tecnica della Scuola, la scrittrice e docente Stefania Auci: “Sarebbe importante ascoltare la voce dei docenti. La famiglia ha il dovere di essere nella vita dei ragazzi ma non può immischiarsi nella didattica, non è il suo compito e neanche nelle attività di formazione e di ‘punizione’ a scuola. A scuola vigono delle regole che non possono essere messe in discussione. La scuola deve rappresentare la certezza. Non significa che deve trasformarsi in filiale dello stato di polizia. La scuola deve rappresentare con fermezza e serenità il recinto entro cui i ragazzi possono muoversi e imparare la convivenza civile, che significa limitare il bullismo e lavorare sul rispetto, sull’affettività, sull’educazione sessuale, di genere, sui principi morali, la cittadinanza. La cittadinanza passa dalle piccole cose, dal rispettare il banco, la maniglia della porta del bagno”.
“I ragazzi di 15-16 anni sono molto più crudeli di quanto pensiamo. Ma lo sono in maniera inconsapevole. Sono crudeli perché ritengono di non offendere. Non si rendono conto che una battuta cinica può avere il peso di una fucilata. C’è il bisogno di affermare la propria personalità, di sentirsi adulti e riconosciuti dai pari. Ci sono ferite psicologiche che magari queste persone portano addosso e non riescono a scaricare la propria rabbia. L’adolescenza è un campo di battaglia, tutti ne escono con i cerotti e con i pugni. Spesso si inizia a curare un soggetto affinché cambi il suo comportamento e gli lo cambino a ruota. Cambiare il singolo significa cambiare l’ambiente, smontare le dinamiche”, queste le sue parole.
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