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Alunni autistici, avviata una pista tutta italiana per comprenderne i motivi

Un gruppo di scienziati italiani potrebbe aver indicato una nuova via per spiegare l’autismo, una di quelle sindromi con cui gli insegnanti della scuola si trovano non di rado a contatto per la presenza in classe di bimbi che ne sono colpiti.
Chissà quante volte, questi insegnanti, curricolari e di sostegno, si saranno chiesti i perché di certi comportamenti ripetitivi, interessi ristretti, deficit di comunicazione verbale e non verbale. Spesso però accompagnati da delle doti mnemoniche decisamente sopra la media. Ora, qualcuno potrebbe aver dato una prima bozza di risposta: si tratta di un team di ricercatori appartenenti all`Irccs Medea, Associazione La Nostra Famiglia, Scuola Internazionale Studi Avanzati (Sissa) di Trieste, all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine, e al Centro Inter-Universitario di Neuroscienze Comportamentali dell`Università di Verona ed Università di Udine, guidati da Paolo Brambilla. Dopo approfonditi studi su bambini autistici, il team ha detto che alla base della patologia c’è una alterazione dell`integrità e dello sviluppo della sostanza bianca: si tratta di quella porzione del sistema nervoso che presiede al collegamento e alla diffusione dei segnali nervosi e degli stimoli motori, mentre la sostanza grigia svolge funzioni di selezione e avviamento delle informazioni che viaggiano lungo il sistema nervoso e punto di partenza di input motori.
Rispetto ai bambini con sviluppo psicologico normale, i bambini con autismo differivano significativamente per variazioni di densità di sostanza bianca e grigia, particolarmente nelle aree frontali e temporo-parietali, e microstrutturali nella sostanza bianca della corteccia frontale e del corpo calloso. “Lo studio – ha detto il responsabile, Paolo Brambilla – mostra la presenza di disconnettività cerebrale, particolarmente fronto-parietale, già nelle fasi precoci della malattia, accoppiata ad un`alterazione della traiettoria di maturazione della sostanza bianca durante tutta l`infanzia in bambini affetti da autismo. Questo potrebbe rappresentare un marker potenziale di neuro sviluppo della malattia, che potrebbe in parte sostenere i deficit cognitivi e sociali dell`autismo”.
Alessandro Giuliani

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