Se ne parla in questi giorni di zone rosse e chiusura quasi totale delle scuole: gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, BES, possono andare a scuola, così come affermato nella circolare n.662 dello scorso 12 marzo, e in quei casi anche altri compagni di classe, a gruppi, seguiranno le lezioni in presenza, con i docenti. Da diversi anni l’acronimo BES – Bisogni Educativi Speciali è entrato nel lessico comune di docenti, educatori, e tra tutti coloro che lavorano in campo educativo. Sappiamo davvero di cosa si tratta?
Proviamo a fare il punto, partendo dalla normativa, che già quasi vent’anni fa, con la legge 53 del 2003, che sanciva la personalizzazione dell’insegnamento, fino a provvedimenti più recenti, come la Circolare Ministeriale n.8 del mese di marzo 2013, hanno delineato le caratteristiche del bisogno educativo speciale. Il secondo decennio del XXI secolo ha visto dapprima, nell’ottobre del 2010, la tanto attesa Legge 170 sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento; nel luglio del 2011 sono state emanate le Linee Guida attuative della Legge 170 e alla fine del 2012 è stata firmata la Direttiva Ministeriale che faceva riferimento agli “strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali” e all’“organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Ogni anno, inoltre, le circolari sugli esami di Stato ogni anno declinano in articoli specifici come queste prove devono essere condotte. (vedi DIRETTA di Tecnica della Scuola Live del 17 marzo)
Si possono individuare tre grandi macroaree: alunni con diversa abilità, alunni nello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.
Per gli studenti che presentino una disabilità oppure un disturbo specifico dell’apprendimento alla scuola vengono presentate la certificazione e la diagnosi, rilasciate dagli specialisti che operano all’interno dei servizi sanitari provinciali e nazionali. È invece compito del Consiglio di Classe progettare azioni e interventi personalizzati per coloro che manifestano difficoltà d’apprendimento non dovute a problematiche cliniche ma legate a situazioni di difficoltà socioeconomico, anche di tipo ambientale.
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